brina sulla foglia che sembra lacrima

Puntuale arriva un altro compleanno, con una lacrima nel cuore

Ci risiamo: un altro compleanno!

Eh, adesso iniziano a pesare, siamo quasi alla soglia dei sessanta, manca poco ormai.

Mia mamma pianse quando sono nato: un po’ per la gioia, l’altra metà per il fatto che era arrivato il terzo maschio!

Oggi piango ancora, perché il mio maschio non c’è più: primogenito, alto e bello, è andato via.

Non so bene dove, credo di conoscere la sua destinazione, se ne legge da tante parti. Ma fintanto non lo vedrò con i miei occhi mi fido solo delle parole profetiche di Gesù, mio amico e confidente, che mi ha promesso di svelarmi la sua Luce.

Oggi è solo in Lui che confido, nelle sue promesse, nelle sue verità, nella sua forza.

Non c’è quasi più niente di vero in questo mondo, ormai plastificato dalle macchine, reso falso dalle manipolazioni computerizzate, impalpabile e irreale come solo un “social” network riesce a plasmare.

Ma dov’è il “social”: rinchiuderci dentro quattro mura domestiche a scrollare col dito indice il minuscolo schermo di uno smartphone, questo ci rende social?

La socializzazione è ben altra storia: è scendere in strada, passeggiare con le amiche, chiacchierare al bar con gli amici, riunirsi in casa, sì, ma con la propria cerchia di amiche ed amici a parlare di libri, film, musica.

Ed ecco che torna Lui, sempre Lui ed ancora Lui da duemila anni che continua a ripeterci che solo l’amore guarisce, solo la fratellanza unisce, solo l’umiltà rende superiori, solo il dono rende liberi.

Oggi come ieri e come sarà domani, le Sue Parole mi suonano continuamente nella testa come una dolce melodia, e mi ravvivano ogni giorno di più l’amore per Eugenio, per Francesca, per mia moglie.

La famiglia, intesa come quella unione di anime che condividono lo stesso ideale, è la vera forza di tutte le ere, di questo millennio, e di tutti quelli a venire.

Spesso con i nostri compagni di avventura con i quali condividiamo parti di cielo, dove i nostri ragazzi e le nostre ragazze sono già arrivate, sorridiamo guardandoci negli occhi, ed ognuno legge nello sguardo dell’altro lo stesso sorriso del proprio angelo.

Anche questa è famiglia: condividere lo stesso dolore, spezzare il pane della propria tristezza e farne dono comune, ascoltarsi mentre non diciamo niente, ma sentire solo il battito del cuore.

Questo è sentire sulla nostra pelle il tocco leggero delle loro ali: parlare di te, Eugenio, parlare di voi, angeli che ci custodite il posto mentre ancora siamo impegnati quiggiù, preoccupandoci poco della nostra vita eterna e dell’amore che ci state svelando.

Eugenio mio, Eugenio nostro, quel 17 ottobre 2020 sta sbiadendo sul calendario del tempo, ma tutti quei sorrisi, tutto quell’amore che hai donato nella tua breve vita restano indelebili su questa terra, che anche se martoriata da virus, guerre e calamità naturali, rimane ancora la nostra casa comune che quel Dio misericordioso, che oggi ti tiene sulle gambe, ci ha donato.

Io come al solito aspetto paziente una tua telefonata, una tua carezza, una tua parola che mi sussurra ancora all’orecchio “ciao papino”.

E mentre ti aspetto, avanti al portone di casa come quel 12 settembre 2019, vedo rientrare Francesca dal suo terzo anno di scuola media, e leggo nei suoi occhi tutto l’amore che ha per me, tutto il tuo amore che porta dentro di se.


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