maschera, apparenza,

Tanto non si vede! L’arte di coprire

Commento al Vangelo del 1 settembre 2024

Ventiduesima domenica del T.O. anno B

Leggi, o ascolti, le parole: Non avere sentimenti d’orgoglio ma temi;
e tu nutri tali sentimenti d’orgoglio da ritenerti senza peccato?
In questa maniera, siccome tu non vuoi temere,
non ti rimarrà altro che apparire quel pallone gonfiato che sei.

Sant’Agostino, Esposizione sul salmo 118Discorso 2, 1

L’apparenza inganna

La storia e l’esperienza ci insegnano a non fidarci delle apparenze. Lo avevano imparato bene gli abitanti di Troia, che si erano fatti ingannare da un cavallo lasciato alle porte della loro città come un regalo. In realtà, all’interno, il cavallo nascondeva i nemici greci che facilmente, con questo stratagemma, penetrarono nella città per espugnarla. Nonostante ciò continuiamo a investire ampiamente sull’immagine esteriore, come se fosse la cosa più importante. Il motivo è da ricercare forse proprio nel piacere di essere ingannati. In fondo ci piace nascondere, siamo contenti di vivere in un mondo dove quello che conta è quello che appare in superficie.

L’interiorità inutile

L’interiorità è faticosa da curare e comunque nessuno la vedrebbe. Sarebbe difficile essere apprezzati e riconosciuti e quindi non vale la pena investire su qualcosa che gli altri non possono valorizzare in modo immediato. Meglio seguire le mode e cercare di distinguersi in quello che è socialmente riconosciuto come un valore. In alcuni ambenti, preservare l’immagine è l’unico modo per fare carriera e per essere accettati dal gruppo. Anche a questo scopo, occorre giocare d’anticipo e andare a caccia di chi non rispetta i canoni formali per appartenere al gruppo, in modo da poter facilmente eliminare un possibile avversario. Siamo in fondo una società di ipocriti, persone con poco giudizio, come dice il termine, che si accontentano di una esteriorità superficiale.

La pretesa di giudicare

La domanda che gli scribi e i farisei, paladini della correttezza formale, rivolgono a Gesù, va proprio in questa direzione: i discepoli non rispettano una prassi legalistica e non stanno dentro le norme. Purtroppo questi ragionamenti li sentiamo spesso anche all’interno del contesto ecclesiale, che si rivela tante volte più farisaico che evangelico, pretendiamo infatti di giudicare chi può stare dentro la comunità solo alla luce di una prassi esteriore non rispettata secondo alcuni canoni prescritti. Ma è davvero quello il peccato che ci rende indegni? E, soprattutto, se per Gesù quello che conta è l’interiorità, come possiamo avere la pretesa di conoscerla e di giudicarla?

Ipocriti contemporanei

Si vedono in giro molti tromboni che con le loro labbra si dicono fedeli e osservanti. E attraverso le loro parole riescono a comunicare un’immagine costruita e falsa di se stessi. Ma dal loro cuore escono invece invidia, maldicenza, pettegolezzo, odio e rancore. Formalmente però sono a posto. Anzi, molte volte sono proprio quelli che si ergono a giudici degli altri e vanno a caccia dell’imperfezione esteriore per eliminare il presunto peccatore. È il loro modo per acquisire una patente esteriore di correttezza che li preserva da qualunque accusa.

Fare verità

Le parole di Gesù sono per ciascuno di noi un invito a chiederci a cosa stiamo prestando maggiore attenzione, dove stiamo investendo le nostre risorse. Possiamo chiederci se siamo più preoccupati di quello che si vede o di quello che c’è veramente nel nostro cuore. Possiamo chiederci se stiamo lavorando alla costruzione di un’immagine esteriore di correttezza o se ci stiamo prendendo cura della nostra vita interiore. Spesso le mele lucide del cesto del fruttivendolo sono quelle che all’interno sono marce. Al contrario le mele che hanno più difetti all’esterno, sono probabilmente senza conservanti, sono più vere e hanno un sapore migliore.

Leggersi dentro

  • Quanto sono preoccupato della mia immagine?
  • Che cosa c’è nel mio cuore?

Per gentile concessione © ♥ Padre Gaetano Piccolo SJ

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