uomo allo specchio

So tutto io! La presunzione che rende violenti

Commento al Vangelo del 9 luglio 2023

Quattordicesima domenica del T.O. anno A

Zc 9,9-10   Sal 144   Rm 8,9.11-13   Mt 11,25-30

Ti sei imposto questo giogo?
Te lo sei imposto?
Ti sei mai accorto di avere uno che segga sulle tue spalle?
Ti sei imposto questo giogo?
Rispondi: Me lo sono imposto.
Ti sei accorto d’avere uno che ti cavalca e ti dirige?
Replichi: Me ne sono accorto.
Ebbene, di’ a lui: Dirigi i miei passi secondo la tua parola

Sant’Agostino, Discorso 30, 10.

Un mondo sempre più violento

La violenza sembra diventata la cifra del nostro mondo: la violenza che scoppia come guerra o come rivolta è l’espressione e il sintomo di un malessere più profondo.

Sono le stesse relazioni umane che appaiono sempre più conflittuali, come se vivessimo una regressione primitiva che ci induce a risolvere le questioni provando a eliminare l’altro.

Siamo violenti infatti non solo con le armi, ma siamo aggressivi e assassini anche in modi più subdoli: uccidiamo l’altro anche con una campagna mediatica e denigratoria, uccidiamo l’altro abusando del nostro potere per evitare che abbia giustizia, uccidiamo l’altro anche con il silenzio, con l’intenzione di manifestare tutto il nostro disprezzo, negando all’altro persino il diritto di esistere.

Un Dio mite

Davanti a questo atteggiamento, che molte volte pervade anche il mondo ecclesiale, dove la violenza viene travestita sotto la veste socialmente accettabile della rivendicazione ideologica dei propri diritti o dietro la farisaica pretesa di difendere la norma, le letture di questa domenica ci mettono davanti l’immagine di un Dio mite che si rivela nell’umiltà di Gesù.

Sul piede di guerra

Noi, invece, stiamo ancora aspettando il tempo in cui poter spezzare e mettere via l’arco di guerra, anche qualora fosse quello delle amazzoni, stiamo ancora aspettando di mandare in pensione i cavalli da guerra, anche qualora fossero i teologi di punta o i decreti dei tribunali.

Al contrario siamo sempre più faziosi e si moltiplicano le falangi che affilano le loro armi, trasformando spesso persino il vangelo in testa di ponte per sfondare le opinioni e la vita dei nostri avversari.

Tutto occupato

I violenti sono molto spesso quelli che si ritengono sapienti e dotti, anzi si vantano della loro competenza non compresa, e fanno di questa incomprensione un motivo per giustificare il loro attacco sferrato, come bande armate, contro coloro che hanno l’ardire di intralciare il loro cammino.

Paradossalmente, per quanto sapienti e dotti, esperti della legge, cioè della parola di Dio, essi non sono coloro a cui il Padre rivela le sue cose.

Il motivo è molto semplice: coloro che si ritengono sapienti e dotti hanno un cuore tutto occupato dal loro io, dalle loro ragioni e dalle loro convinzioni. Per Dio non c’è posto! Il Signore con loro non ha nulla da fare. Sono convinti di sapere già tutto.

La vita di coloro che si ritengono sapienti e dotti è una vita pesante, perché sono sempre intenti a dover dimostrare che sanno più degli altri. Sono sempre in gara con la vita.

Uno spazio per Dio

Al contrario il Padre rivela le sue cose ai piccoli, a coloro che sanno di non valere niente.

Proprio perché sono piccoli hanno bisogno che qualcuno si prenda cura di loro, sanno che da soli non potrebbero sopravvivere.

Proprio per questo c’è nella loro vita uno spazio per Dio.

I piccoli non sono violenti, perché sono ben consapevoli della pochezza delle loro armi: preferiscono usare la zappa per coltivare la terra piuttosto che spaccarla brandendola sulla testa dei loro avversari.

Il peso della competizione

Coloro che si ritengono sapienti e dotti passano la vita a dimostrare quanto sono bravi. Vogliono far vedere a tutti che il solco che hanno tracciato nel campo della loro vita è migliore di quello degli altri. Non si rendono conto che sono comunque buoi come tutti gli altri.

Quel giogo, che permette loro di tracciare un solco ineccepibile, diventa inevitabilmente pesante, perché procedono nella paura di sbagliare e nel timore di essere meno bravi degli altri.

Nella tradizione rabbinica il giogo è l’immagine della legge, del precetto, della norma, la cui osservanza scrupolosa permette di rigare dritto.

La relazione

Senza togliere l’importanza della legge e del comando, Gesù propone però un altro giogo, un diverso legame che permette di tracciare solchi, magari meno precisi, ma più belli e vitali.

Quel giogo è la relazione con lui, che rende la vita più leggera e aiuta a portare i pesi con più dolcezza, liberandosi dalla frustrazione della competizione, del giustizialismo e dell’arroganza.

Norma o relazione

Forse provando a chiedersi come sto vivendo la mia vita, osservando se cammino con pesantezza o con leggerezza nel tentativo di tracciare il solco nel campo della mia vita, posso anche rendermi conto se il giogo a cui mi sono legato è la norma o la relazione con Gesù.

Anche la legge infatti può diventare uno strumento di violenza quando è utilizzata per condannare l’avversario o quando viene strumentalizzata per vincere sul nemico che non sono riuscito a battere in un confronto leale.

Scelte difficili

Abbiamo ancora molta strada da fare per rendere il nostro mondo uno spazio di pace, ma non sono neanche così sicuro che siamo davvero convinti di volerlo. Forse quel giogo, che è il legame con Gesù, ci spaventa, perché le relazioni sono comunque sempre esigenti e a noi invece piace fare di testa nostra: la legge possiamo strumentalizzarla in nostro favore, la relazione con Gesù ci costringe a vivere nella verità.

Leggersi dentro

  • Sei una persona violenta o cerchi di portare pace?
  • La tua vita di fede è basata su un’osservanza esteriore o sulla relazione con Gesù?

Per gentile concessione © ♥ Padre Gaetano Piccolo SJ

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