San Roberto Bellarmino, Cardinale, Vescovo e Dottore della Chiesa

Il padre lo voleva politico, il figlio entra fra i Gesuiti. Umanista, insigne teologo della Chiesa post-tridentina – alcune opere sono dei classici – S. Roberto Bellarmino diventa cardinale nel 1599. È un uomo dotto ma dà tutto ai poveri. Pio XI lo proclama Beato, Santo e Dottore della Chiesa.  

Roberto Bellarmino

Nato il 4 ottobre 1542 a Montepulciano, frequentò la locale scuola da poco aperta dai Gesuiti e così – vincendo le resistenze del padre – il 21 settembre 1560 entrò nella Compagnia di Gesù. Studiò al Collegio Romano, dove fu studente, professore e predicatore! Insegnò filosofia a Firenze e a Mondovì, per poi trasferirsi a Padova dove iniziò gli studi di teologia per completarli a Lovanio. Fu ordinato sacerdote il 25 marzo 1570.

Docente a Roma

Dopo sette anni di docenza a Lovanio, dove si era fatto notare per le sue competenze e capacità oratoria, fu trasferito a Roma nel 1576. Nel 1586 pubblicò il suo primo libro Le Controversie: partendo dalle verità negate dai protestanti e ne presentò tutti i fondamenti biblici e patristici, riuscendo in questo modo a creare una sorta di nuova Summa Teologica. In trent’anni l’opera fu ristampata venti volte e tradotta nelle principali lingue.

Padre spirituale e Rettore

Nel 1588, a causa del grande lavoro, la salute ne risentì e si dedicò perciò solo allo studio e alla direzione spirituale degli studenti, tra i quali san Luigi Gonzaga. Nel 1592 venne nominato Rettore del Collegio Romano collaborando anche alla stesura della Ratio Studiorium.

Cardinale

Nel 1597, papa Clemente VIII, lo volle con sé a Roma e lo nominò consultore del Santo Uffizio, ma p. Roberto rispose alle tante richieste che giungevano dalle varie Congregazioni, tanto da essere chiamato “il facchino della curia” o il “factotum della Santa Sede”. Il 3 marzo 1599 fu creato Cardinale, chiedendo al Papa di non ricevere nessun beneficio da questo titolo.

Divenne arcivescovo di Capua il 21 aprile 1602 e si consacrò al servizio pastorale con tutto il suo impegno e passione. Si dedicò alla formazione del clero, all’attenzione ai poveri e al culto: “Fu amato dal popolo, che egli anche tanto amò”.

Alla morte di Clemente VIII, nel 1605, rischiò di essere eletto Papa, come riporta lui stesso: „Nel secondo conclave poco mancò che fosse eletto Papa. E allorché un cardinale di grande autorevolezza e serietà gli prometteva la propria influenza [per farlo eleggere], lo esortò a desistere senza ringraziarlo. Dichiarò che, da parte sua, non avrebbe raccolto da terra neppure una pagliuzza per farsi eleggere Papa. Non serbò alcun rancore contro quelli che si opponevano alla sua elezione, anzi non ne fu affatto turbato. Diceva, infatti, che il Papato potrebbe essere qualificato come un «lavoro pericolosissimo» o un «pericolo faticosissimo“.

Fu eletto Paolo V, che lo volle accanto a sé; lasciò perciò la guida della diocesi di Capua e tornò nella Curia romana,  dedicandosi al servizio delle varie Congregazioni.

Galileo

Tra i casi che dovette affrontare ci fu anche quello di Galileo Galilei: ne risultò una incomprensione scientifica, dettata da una interpretazione troppo rigida e letterale della Scrittura.

Morte

Ormai stanco si ritirò il 25 agosto 1621: tre giorni dopo s’ammalò e nell’arco di un mese – il 17 settembre – morì, dopo essere stato visitato dal papa. Non si fece trovare impreparato alla morte, dato che già nel 1620 pubblica “L’arte di morire bene” dove scrive: ““Per poter vivere bene, è innanzitutto necessario morire al mondo prima di morire nel corpo. Tutti coloro che vivono per il mondo sono morti per Dio. Non possiamo in alcun modo iniziare a vivere in Dio senza prima morire al mondo”.

È nato il giorno di san Francesco ed è morto il giorno delle stimmate del santo di Assisi, verso il quale ha sempre coltivato particolare venerazione, seppur avesse fatto la scelta della Compagnia di Gesù, dai quali prese tutta l’impostazione intellettuale e spirituale.

Già nel 1622 si aprì la causa di canonizzazione ma si dovrà aspettare il 15 aprile 1923 per vederlo beato e il 29 giugno 1930 per vederlo santo; il 17 settembre 1931 venne insignito del titolo di Dottore della Chiesa.

fonte © Vatican News – Dicasterium pro Communicatione

Roberto Francesco Romolo Bellarmino nasce  a  Montepulciano il 4 ottobre 1542 in una nobile famiglia toscana. Suo padre era Vincenzo Bellarmino, mentre sua madre, Cinzia Cervini, era la sorella del cardinale Marcello Cervini, futuro Pp Marcello II. 

Egli dimostrò precocemente le sue ottime qualità e, ispirandosi agli autori latini come Virgilio, compose diversi piccoli poemi sia in lingua volgare che in latino. Fu educato nel collegio gesuita, di recente fondazione, della sua città natia ed entrò nella Società di Gesù il 20 settembre 1560. Trascorse i tre anni successivi studiando filosofia nel collegio romano, dopo di che iniziò ad insegnare materie letterarie dapprima a Firenze, poi a Mondovì. Nel 1567 intraprese lo studio della teologia a Padova, e nel 1569 fu inviato a completare questi studi a Lovanio (Belgio), dove poté acquisire una più completa conoscenza delle eresie più importanti del suo tempo. 

Dopo l’ordinazione sacerdotale avvenuta il 25 marzo del 1570, guadagnò rapidamente notorietà sia come insegnante sia come predicatore; in quest’ultima veste era capace di attirare al suo pulpito sia cattolici che protestanti, persino da altre aree geografiche. Gli fu conferito l’insegnamento della teologia a Lovanio e qui rimase per sei anni, fino al 1576. Distintosi in questi anni per la sua dotta eloquenza e sorprendente capacità di controbattere efficacemente le tesi calviniste, che si diffondevano ampiamente nei Paesi Bassi spagnoli, fu richiamato a Roma da Pp Gregorio XIII (Ugo Boncompagni, 1572-1585) che gli affidò la cattedra di “Controversie”, cioè di Apologetica, da poco istituita nel Collegio Romano, attività che svolse fino al 1587. 

Da poco tempo si era concluso il Concilio di Trento e la Chiesa Cattolica, attaccata dalla Riforma protestante, aveva necessità di rinsaldare e confermare la propria identità culturale e spirituale. L’attività e le opere di Roberto B. si inserirono proprio in questo contesto storico della Controriforma. Egli si dimostrò adeguato alle difficoltà del compito. Gli studi che intraprese per applicarsi nell’insegnamento e nelle lezioni, confluirono successivamente nella sua grande e più famosa opera di più volumi: Le Controversie, cioè “Disputationes de controversiis christianae fidei adversus hujus temporis haereticos”. 

Questa monumentale opera teologica rappresenta il primo tentativo di sistematizzare le varie controversie teologiche dell’epoca, ed ebbe un’enorme risonanza in tutta Europa; senza sviluppare nessuna aggressione polemica nei confronti della Riforma ma solo usando gli argomenti della ragione e della tradizione, Roberto B. espose in modo chiaro ed efficace le posizioni della Chiesa Cattolica. 

A tutt’oggi non esiste un’opera di tale completezza come questa nel campo apologetico; la sua instancabile azione a difesa della fede cattolica, gli valsero l’appellativo di “martello degli eretici”.

Nel 1588 Roberto B. fu nominato “Padre Spirituale” del Collegio Romano (oggi Università Gregoriana). 

Nel 1590 si recò assieme al cardinale Enrico Caetani come teologo facente parte della legazione che Sisto V (Felice Peretti, 1585-1590) stava inviando in Francia per proteggere gli interessi della chiesa coinvolta nelle difficoltà delle guerre civili. Quando la missione era oramai al termine, Roberto B. riprese nuovamente il suo lavoro come padre spirituale ed ebbe la consolazione di guidare, negli ultimi anni della sua vita, Luigi Gonzaga, che morì al Collegio romano nel 1591 e di cui negli anni successivi Bellarmino promosse la beatificazione. 

Nello stesso periodo egli fece parte della commissione finale per la revisione del testo della “Vulgata

Nel 1592 fu fatto rettore del collegio romano e nel 1595 superiore della Provincia di Napoli. 

Nel 1597 Pp Clemente VIII (Ippolito Aldobrandini, 1592-1605) lo richiamò a Roma e lo nominò suo consultore teologo come pure Esaminatore dei Vescovi e Consultore del Sant’Uffizio. 

Proclamato Cardinale presbitero di Santa Maria in Via Lata e arcivescovo di Capua il 18 marzo 1599, probabilmente per tenerlo lontano da Roma nel momento culminante della controversia sulla grazia, alla morte di Clemente VIII, nel 1605, poté tornare nella città di Pietro dove esercitò un grande influsso come teologo ufficiale della Chiesa, con la sua dottrina e con l’esempio della sua carità e semplicità di vita, che la gente ammirava. 

A Clemente VIII succedette prima Leone XI (Alessandro de’ Medici), che regnò per soli ventisette giorni, e poi Paolo V (Camillo Borghese, 1605-1621). Nel primo e nel secondo conclave, ma soprattutto in quest’ultimo, il nome di Bellarmino fu spesso dinanzi alle intenzioni degli elettori ma il fatto che fosse un gesuita costituì un impedimento secondo il giudizio di molti cardinali. 

Ebbe diversi incarichi presso l’Inquisizione durante gli importanti processi ereticali come quelli contro Giordano Bruno, cominciato il 1593 e conclusosi con il verdetto di condanna al rogo su ordine del Pp Clemente VIII il 20 gennaio 1600, e contro Galileo Galilei. Il cardinale Bellarmino fece parte della commissione vaticana che ammonì Galileo dal continuare a proporre la teoria eliocentrica, nel 1616, e fu proprio lui a comunicargli l’ammonizione con una lettera rimasta famosa. In precedenza Roberto B. aveva sempre mostrato interesse nelle scoperte dello scienziato e si era trattenuto in amichevole corrispondenza con lui. Aveva pure assunto, come testimoniato dalle sue lettere all’amico di Galileo, Foscarini, un atteggiamento aperto verso le teorie scientifiche, ammonendolo, tuttavia, di non cercare una dimostrazione della loro esattezza ma limitandosi a porle come ipotesi. 

Roberto B. muore a Roma il 17 settembre 1621 e il processo di beatificazione, iniziato di lì a poco, si protrasse per ben tre secoli.

Il 22 dicembre 1920 Pp Benedetto XV (Giacomo della Chiesa, 1914-1922) riassumendo l’iter per la sua beatificazione, promulgò il decreto della eroicità delle sue virtù; poi il 13 maggio 1923, durante il pontificato di Pio XI (Ambrogio Damiano Achille Ratti, 1922-1939), fu celebrata la sua beatificazione e dopo sette anni, il 29 giugno 1930, fu canonizzato. Più breve è stato quindi il processo di canonizzazione e ancora più rapida la nomina a Dottore della Chiesa, conferitagli il 17 settembre 1931 sempre da parte di Pio XI. 

Dal 21 giugno 1923 il suo corpo è venerato dai fedeli nella terza cappella di destra della Chiesa di S. Ignazio di Loyola a Roma che conserva le reliquie di altri santi gesuiti tra cui S. Luigi Gonzaga.

Significato del nome Roberto : “splendente di gloria, illustre per fama” (tedesco). 

Per approfondimenti, leggere la Catechesi di Papa Benedetto XVI:
>>> San Roberto Bellarmino
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fonte © vangelodelgiorno.org


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