San Giovanni Crisostomo, Vescovo e Dottore della Chiesa

Alla storia è passato con il soprannome di “bocca d’oro” per la meravigliosa capacità di parlare delle cose della fede. S. Giovanni Crisostomo nasce nel 349 circa ad Antiochia. Patriarca a Costantinopoli, muore esiliato per aver condannato senza paura la corruzione del clero e della corte bizantini.  

Un fuoriclasse della parola, Giovanni, fin da ragazzo. Il famoso retore Libonio, suo maestro, che vedeva nel giovane un naturale successore, si spiacerà non poco quando quel promettentissimo allievo preferirà al fascino della retorica quello della fede.

“Se i cristiani non me lo avessero rubato!”, esclamerà. In effetti Giovanni, sì, è stato “rubato” dall’attrazione che nutre per le parole sacre, che studia con attenzione nella cerchia di Diodoro, futuro vescovo di Tarso. E proprio S. Paolo è uno dei suoi preferiti, gli dedicherà tanto in pensieri e pagine.

Ma tutta la Bibbia, con i suoi insegnamenti, lascia un solco profondo in quel giovane di Antiochia, che si appresta a diventare una spada a doppio taglio nell’oriente cristiano del V secolo proprio per quel talento di dire sapendolo dire bene.

Lo spirito non il ventre

A ordinarlo prete è il vescovo Fabiano ma sin dagli anni del diaconato Giovanni dimostra in modo rotondo che la sua capacità di parlare alla gente delle Scritture è fuori dal comune.

Prima di questa fase, il giovane ha fatto anche l’esperienza eremitica – sei anni nel deserto, gli ultimi due in una caverna – e questo ha consolidato in lui un carattere di sobrietà che conferisce ulteriore forza a parole che scuotono sempre per la loro schiettezza.

Predica l’amore concreto ai fratelli più poveri, richiama i monaci alle opere di carità e a staccarsi dal denaro, sprona i laici a evitare la ragnatela delle dissolutezze. Insomma, più spazio allo spirito, meno alla carne. È un moralista, Giovanni, nel senso positivo del termine per un’epoca in cui ricavare dai detti biblici norme di comportamento coerenti con la vita di un battezzato era strada spesso praticata.

Patriarca scomodo

Verso i 50 anni, nel 397, il grande salto. Giovanni è a Costantinopoli per succedere al Patriarca Nettario. Cambia il ruolo, visibilità grande, vicinanza alla corte.

Chi non cambia per niente è Giovanni. Il fustigatore della corruzione – che nei palazzi del potere bizantino pullula – è fedele al suo stile. La gente lo ama per questo, lo testimoniano i suoi contemporanei. Chi comincia a detestarlo sempre più apertamente sono la nobiltà e il clero attaccati ai privilegi e anche da quell’uomo che invece di allinearsi ai modi della cerchia di cui è entrato a far parte scaglia strali con la sua lingua che non fa sconti.

Indolenza e vizi, soprattutto in chi indossa una tonaca, sono bersagli preferiti. E alle parole seguono fatti. Molti presbiteri vengono rimossi per indegnità, compreso il vescovo di Efeso. Per molti è troppo E contro un uomo che in fondo è più ingenuo che scaltro, parte la trafila degli intrighi.

“Bocca d’oro”

A capeggiare la fronda contro Giovanni è il Patriarca di Alessandria Teofilo e l’imperatrice Eudossia. In sua assenza convocano un sinodo che costringe Giovanni all’esilio. È il 403 ma l’allontanamento dura poco. A furor di popolo Giovanni rientra a Costantinopoli e gli avversari rilanciano la sfida. Il 9 giugno 404 una nuova condanna lo allontana dal centro dell’Impero, l’antico eremita ritrova una solitudine forzata.

Giovanni “bocca d’oro”, come verrà soprannominato tempo dopo, muore nel 407, a Comana nel Ponto, durante uno dei tanti trasferimenti cui è sottoposto. Resta intatta nei secoli la sapienza, corroborata da centinaia di scritti, di un uomo e un sacerdote convinto che “in tutte le cose” debba essere data “gloria a Dio”.

fonte © Vatican News – Dicasterium pro Communicatione

Giovanni detto “Crisostomo”, cioè “Bocca d’oro” a motivo del fascino suscitato dalla sua arte oratoria, può dirsi vivo ancora oggi, anche a motivo delle sue opere. I suoi scritti permettono anche a noi, come ai fedeli del suo tempo, che ripetutamente furono privati di lui a causa dei suoi esili, di vivere con i suoi libri, nonostante la sua assenza. È quanto egli stesso suggeriva dall’esilio in una sua lettera (cfr A Olimpiade, Lettera 8,45).

Giovanni nasce ad Antiochia, da una famiglia cristiana benestante tra il 347 e il 349. In quel tempo la città era la seconda per importanza in oriente dopo Costantinopoli. Durante tutto il IV secolo profondi contrasti si erano verificati in Oriente, ed anche ad Antiochia, tra pagani, manichei, ariani, gnostici apollinari, ebrei; gli stessi cristiani erano divisi tra due vescovi rivali: Melezio e Paolino.

Anche la giovinezza di Giovanni visse in tale clima di contrasti. Suo padre, Secondo, alto ufficiale dell’esercito siriano, morì quando Giovanni era ancora in tenera età; la madre Antusa, di soli 22 anni, affrontò il peso di crescere da sola lui e la sorella più grande.

Fu allievo del celebre oratore e maestro Libanio, che ebbe a dire di questo suo discepolo: “Sarebbe stato uno dei miei migliori allievi se la Chiesa non me lo avesse rubato”.  

A 18 anni incontra il vescovo Melezio e chiede il battesimo. Incomincia, allora, a seguire dei corsi di esegesi presso Diodoro di Tarso, la sua scuola era famosa per l’interpretazione letterale delle Sacre scritture, in contrapposizione con la scuola alessandrina che, invece, privilegiava una lettura anche allegorica. Terminati gli studi Giovanni riceve gli ordini minori e si ritira in un eremitaggio dove si dedica allo studio della teologia.

Compone un trattato, “De Sacerdotio”, molto influenzato da Gregorio Nazianzeno. Egli riteneva che il monachesimo non era la sola via per raggiungere la perfezione; la vita sacerdotale al servizio dei credenti e in mezzo alle mille tentazioni del mondo era per lui il miglior modo di servire Dio : “È un errore mostruoso credere che il monaco debba condurre una vita più perfetta, mentre gli altri potrebbero fare a meno di preoccuparsene … Laici e monaci devono giungere a un’identica perfezione” (Contro gli oppositori della vita monastica 3, 14).

Nell’inverno 380-381, viene ordinato diacono da Melezio ad Antiochia. Qualche anno più tardi è ordinato sacerdote dal vescovo Flaviano, diventando predicatore. I sermoni di Giovanni duravano oltre un paio d’ore, ma  sapeva usare, con consumata perizia, tutti i registri della retorica, non certo per vellicare l’udito dei suoi ascoltatori, ma per ammaestrare, correggere, redarguire : i suoi fedeli prendevano anche delle note durante le sue omelie.

Nel 397 Nectario, arcivescovo di Costantinopoli, morì. Dopo un’aspra battaglia per la successione, l’imperatore bizantino, Arcadio, scelse Giovanni. Egli dirigerà con grande forza e rigore la Chiesa affidatagli, scagliandosi contro la corruzione e la licenziosità dei potenti ma facendosi molti nemici a corte. Fa destituire molti presbiteri indegni: sotto queste misure cadde anche il vescovo di Efeso. Fa rientrare nei monasteri i monaci che erravano vagabondi. Combatte con rigore le eresie.

Nel 402 molti nemici di Giovanni si rivolgono al patriarca di Alessandria d’Egitto Teofilo, la cui Chiesa si trovava in contrasto con quella di Costantinopoli. Teofilo, chiamato a Costantinopoli per giustificarsi di varie accuse che gli venivano mosse, si presenta con una schiera di vescovi alessandrini e mette in minoranza Giovanni  che viene deposto ed esiliato dall’imperatore. Ma avendo l’imperatrice abortito in concomitanza con l’esilio di Giovanni, ella lo fa richiamare. Ciononostante i suoi nemici non cessano di tramare contro di lui e il 9 giugno del 404 viene definitivamente allontanato da Costantinopoli. Per tre anni è confinato a Cucusa, tra le montagne dell’Armenia, dove svolge un’intensa attività.  Nel 407 gli viene intimato un nuovo trasferimento a Pitiunte, sul Mar Nero.

Giovanni muore il 14 settembre del 407, a Comana in Abkhazia (oggi parte della Georgia), durante il viaggio di trasferimento. Secondo la tradizione, le sue ultime parole furono: « doxa to Theo pantôn eneke » « gloria a Dio in tutte le cose ».

Dal sepolcro di Comana, il figlio di Arcadio, Teodosio il Giovane, fece trasferire i resti mortali del santo nella Chiesa dei Santi Apostoli a Costantinopoli, dove giunsero la notte del 27 gennaio 438, tra una folla osannante; trasportati, in seguito,  a Roma, furono collocati nella Basilica Vaticana, dove sono tuttora conservati. Nel novembre 2004 il Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005) ha fatto dono al patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I di una parte delle reliquie di S. Giovanni Crisostomo venerate in Vaticano.

Il Martirologio romano, come pure i sinassari orientali, hanno iscritto la festa di Giovanni al 27 gennaio, anniversario del ritorno del corpo a Costantinopoli. Attualmente nel calendario romano la sua festa è celebrata il 13 settembre. Nello stesso giorno la festa è celebrata presso i siri. La Chiesa bizantina lo festeggia anche il 30 gennaio, insieme a San Basilio e a San Gregorio di Nazianzo, e il 13 novembre, giorno del suo ritorno dall’esilio. In Oriente si incontrano molti monasteri a lui dedicati. Dottore della Chiesa, Giovanni circonda con i Santi Atanasio, Ambrogio e Agostino, la Cattedra del Bernini nell’abside della Basilica Vaticana.

San Giovanni Crisostomo
San Giovanni Crisostomo e l’Apostolo Paolo

Il Beato Giovanni XXIII (Angelo Giuseppe Roncalli, 1958-1963) pose il Concilio Vaticano II sotto la sua protezione.

S. Giovanni Crisostomo si colloca tra i Padri più prolifici: di lui ci sono giunti 17 trattati, più di 700 omelie autentiche, i commenti a Matteo e a Paolo (Lettere ai Romaniai Corintiagli Efesini e agli Ebrei), e 241 lettere.

Significato del nome Giovanni : “il Signore è benefico, dono del Signore” (ebraico).

Per approfondimenti, leggere le Catechesi di Papa Benedetto XVI:
>>> San Giovanni Crisostomo I: Gli anni di Antiochia
[CroatoFranceseIngleseItalianoPortogheseSpagnoloTedesco]
>>> San Giovanni Crisostomo II: Gli anni di Costantinopoli
[CroatoFranceseIngleseItalianoPortogheseSpagnoloTedesco]

fonte vangelodelgiorno.org

Ultimo aggiornamento il 14 Settembre 2024 by Remigio Ruberto


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