Persi
commento al Vangelo di oggi 7 novembre 2024 di Lc 15,1-10, a cura di Giuseppe Amalfa SJ
Il punto in cui si smette di cercare
e ci si dispone a essere trovati,
qualcosa ama il numero dei miei capelli
non sa nome né storia
ma ha memoria di ogni singolo respiro
ama i battiti nella notte
i denti e i pugni stretti
ama lo spalancarsi delle braccia
nell’affidamento, il precario equilibrio
sull’orlo dei precipizi, e i passi oscillanti
sul lago appena ghiacciato.
Ti salvo. Salvo di te il soccorso
e la spinta, l’immisurabile
e il limite. Mi lascio accogliere
con la vigile mutezza
dei piccoli e dei selvatici.
Caduta, ripresa.
Ci sei.Chandra Livia Candi
Entro nel testo (Lc 15,1-10)
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Mi lascio ispirare
Agli occhi dei farisei, e forse dello stesso Luca, Gesù accoglie i peccatori e poi condivide con loro qualcosa di intimo qual è il momento del pasto. Ma dal modo in cui Gesù reagisce a questa affermazione l’oggetto dell’accoglienza è altro.
Essere persi è un modo diverso di esprimere la condizione di peccatore.
Indica un legame affettivo con ciò da cui si è presa una distanza: per perderci dobbiamo riconoscerci bisognosi di un centro, di un luogo, di un abbraccio a cui tornare.
La storia della pecora perduta, probabilmente figlia di una cultura pastorale, nel contesto in cui viviamo può essere equiparata agli annunci di smarrimento per cani e gatti che spesso condividono con noi la vita. Un vincolo a volte criticato quando sembra superare legami umani… eppure qui Gesù muove gli affetti con un argomento simile.
E poi il legame con le cose materiali, un oggetto da cui non riusciamo a separarci, magari il cellulare o gli auricolari… Per la donna la moneta è fonte di vita, ma anche in questo caso si tratta di cose secondarie che ci riempiono di gioia.
Gesù non critica queste fonti di affetti ma le usa per farci entrare progressivamente in quello che ci spiegherà subito dopo: l’ambito dei legami familiari come metafora dell’amore di Dio.
Fare esperienza di perdere qualcosa può essere un modo per interrogarmi su ciò da cui ho preso distanza e scoprirmi perso per essere cercato.
fonte © GET UP AND WALK
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