Leggi e ascolta la preghierina del 27 aprile 2024
La Sublime Arte di Essere Figli
commento al Vangelo di oggi di Gv 14,7-14
Puoi imparare molte cose dai bambini: per esempio tutta la pazienza che hai.
Franklin P. Jones
Entro nel testo (Gv 14,7-14)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».
Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre.
Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere.
Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me.
Se non altro, credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre.
E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.
Mi lascio ispirare
È chiaro che questo caro figlio-apostolo Filippo non sia esattamente sempre misurato e dalle parole affabili.
Ma il Signore gli lascia anche la libertà di entrare in relazione con Lui così com’è, con tutti i suoi dubbi, il suo modo di porsi poco educato, ma allo stesso tempo molto filiale, brutalmente autentico e fin troppo spontaneo – “Vabbè Gesù: bello come parli eh, per carità, ma veniamo al sodo: Facci vedere un po’ questo Padre su cui spendi tante parole! Finora trovo che fai tanto fumo e niente arrosto!”.
Questo non per dire che per essere cristiani e figli di Dio sia necessario vivere parlando senza filtri e senza considerazione per gli altri, ma per sottolineare che persino quando il nostro bambino interiore prenderà il sopravvento, quando traballeremo sulle nostre gambette stanche e storte e i lati più ombrosi di noi faranno capolino nel nostro modo di relazionarci con gli altri, persino allora non perderemo l’affetto del nostro Maestro e Signore.
Proprio questa consapevolezza accompagna gli atti di un Filippo che non ha paura di mostrarsi anche infantile, il che ce la dice lunga sul profumo di gratuità che doveva caratterizzare l’Amore che Gesù manifestava verso le persone che incontrava. In altre parole: un figlio può sbagliare, può anche peccare, ma sarà sempre amato; il suo valore non sarà mai intaccato dalle cadute che fa.
La figliolanza, poi, implica e comprende sempre la fratellanza. Gesù ricorda a Filippo (e forse anche a noi) che è solo questo altro-Altro, che ci terrà in movimento, che sempre ci rimetterà in questione, che sempre ci metterà davanti le nostre proprie difficoltà di relazionarci e di superare il rifiuto che ci separa come una barriera dai fratelli reali, concreti, limitati, ma banco di prova e terra fertile del Cielo, come lo siamo anche noi stessi.
Rifletto sulle domande
Cosa significa per me nel concreto essere figlio di Dio?
In quale occasione ho sentito il Signore pronto a chinarsi su di me per rialzarmi?
Quali sono le difficoltà che oggi trovo nell’accogliere e nell’aprirmi all’altro?
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