Leggi e ascolta la nostra preghierina del 22 marzo 2024
Sommario
Accogliere la parola con la vita
commento al Vangelo di oggi di Gv 10,31-42, a cura di Narciso Sunda SJ
Non accusare più e non giustificarsi mai, ma, semplicemente, essere.
Stefano Lanuzza, Disjecta membra
Entro nel testo (Gv 10,31-42)
In quel tempo, i Giudei raccolsero delle pietre per lapidare Gesù. Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?».
Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: “Io ho detto: voi siete dèi”? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere annullata –, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”?
Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani. Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase.
Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui.
Mi lascio ispirare
Mentre Gesù passeggia nel portico di Salomone, al Tempio di Gerusalemme, si raduna il suo “gregge”. Il bel Pastore lo alimenta con la Parola e con una serie di premurose raccomandazioni, per scongiurare chiusure e smarrimenti. In questo contesto viene messo sotto processo dai Giudei, nel Vangelo di Giovanni tutta la vita di Gesù è attraversata da accuse e messe in dubbio della sua persona e Parola.
Quanto mi è familiare questo modo di trattare il Signore, sono, e forse siamo, sempre pronti a metterlo dietro la sbarra degli imputati perché risponda, come noi desideriamo, a ciò che non sappiamo vivere e non riusciamo a spiegarci. Così anche a me oggi il Signore rivolge quella spinosa domanda: “perché vuoi lapidarmi?”, perché continui a pensare che Io sia la causa delle tue fragilità e dei tuoi malesseri?
Forse perché crederlo Figlio di Dio, e fratello anche mio, mi catapulta in una dimensione di fratellanza e figliolanza che spaventa e inquieta, che non lascia tranquilli! Vivere da figli e fratelli riempie il cuore e la vita, ma ci rende responsabili dell’esistenza, del benessere della gioia degli altri.
Davanti all’impasse Gesù dona un suggerimento preziosissimo: “accogliete la mia Parola con la vostra vita, fate ciò che vi suggerisco. Se la vostra vita non germoglia siete autorizzati a non credermi”.
La nostra fede non è fondata sulla forza di volontà, crediamo perché vediamo e sperimentiamo che vivere secondo il Vangelo rende fecondo il nostro quotidiano e le nostre relazioni. Ci fidiamo perché abbiamo visto il mare aprirsi davanti ai nostri occhi increduli, siamo stati dissetati e sfamati in relazioni, tempi e luoghi aridi e inospitali. Fai memoria dei doni del passato e lasciati stupire nel presente!
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