Mi manchi, ci manchi!
Di generazione in generazione
commento al Vangelo di oggi di Lc 11,47-54, a cura di Andrea Piccolo SJ
Ogni generazione ride delle vecchie mode,
ma segue religiosamente le nuove.Henry David Thoreau
Entro nel testo (Lc 11,47-54)
«Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi testimoniate e approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite. Per questo la sapienza di Dio ha detto: “Manderò loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno”, perché a questa generazione sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall’inizio del mondo: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l’altare e il santuario. Sì, io vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione. Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito». Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.
Mi lascio ispirare
Le generazioni passano, l’una segue l’altra, di madre in figlia e di padre in figlio. Le generazioni cambiano e ciascuna lascia il proprio segno, la propria novità, il proprio contributo. Qualcosa, però, permane, viene lasciato in eredità, un’eredità per buona parte non consapevole.
Anche noi, oggi, ci portiamo dietro alcune ipocrisie proprie della nostra generazione, della nostra cultura: lo facciamo tutti, in tutte le latitudini, in tutte le culture. Lasciamo da parte perciò, autoaccuse, sensi di colpa e vittimismi vari: non si tratta di questo. L’eredità che riceviamo ci pesa e in qualche maniera ci condiziona, ci impedisce di avere uno sguardo lucido, accogliente e benefico, capace ciò di riconoscere il bene, la profezia, l’azione discreta di Dio nelle persone che ci stanno vicine: ecco i profeti uccisi e i monumenti (monumento significa “ricordo che si perpetua”, dal latino monere, “ricordare“) funebri costruiti.
Gesù con forza ci spinge ad uscire da questo condizionante torpore generazionale e culturale: la chiave di questa conoscenza (che anche a noi rischia di venire tolta) è la stretta frequentazione della fonte del bene e la vita comune tra amanti di Dio, figli e figlie che si aiutano a camminare e a vedere.
fonte © GET UP AND WALK
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