Piccola considerazione
E’ arrivato un altro 17. Il 51° da quando sei andato via. Passa il tempo, corre via! Eppure, ogni 17 riviviamo quella giornata. Da allora, nulla è più come prima. Noi non siamo come prima. Il Signore ci dona tutti i giorni la forza di essere dei buoni genitori per Francesca, delle buone persone, ma… quante cose sono cambiate!
La tua perdita è una ferita che squarcia l’anima, un dolore che non conosce limiti e che risuona in ogni angolo della nostra vita. Il mondo ha perso i suoi colori, lasciando spazio a un grigiore che avvolge tutto. La sofferenza è una compagna costante, un’ombra che ci segue anche nei momenti di silenzio, ricordando ciò che non può essere più.
Eppure, nel nostro cuore c’è un filo sottile che resiste: la speranza. Non la speranza di dimenticare, ma quella di ritrovare un significato, una nuova forma di amore che possa onorare il legame eterno con te. Questa speranza si esprime nell’imparare a vivere di nuovo, giorno dopo giorno, con la consapevolezza che il dolore non sparirà, ma potrà trasformarsi in qualcosa di diverso: una forza per continuare, un motore per donare amore agli altri e al mondo, proprio come tu avresti voluto, e come hai sempre fatto nella tua breve vita terrena.
Nulla sarà mai come prima, ma tu sei diventato una guida silenziosa. Nei gesti quotidiani, nelle decisioni, nel modo di guardare la vita, c’è sempre la tua presenza.
La sofferenza e la speranza si intrecciano, creando un nuovo modo di essere: più fragile, ma anche più umano.
La speranza della vita eterna è una promessa che ci riscalda il cuore, un faro di luce nel buio della tua perdita. È il sogno di un amore che non finisce mai, di un legame che continua oltre i confini del tempo e dello spazio. Pensarti in paradiso è immaginarti in un luogo dove il dolore non esiste più, dove le lacrime vengono asciugate e ogni ferita guarisce. È crederti vicino, vivo in una dimensione di pace e gioia, libero dal peso della sofferenza terrena.
Il paradiso non è solo un luogo, ma uno stato dell’essere, una pienezza che supera ogni comprensione umana. È il ricongiungerci con te, ritrovare il tuo sorriso che ci manca, il tuo calore che ci ha lasciati troppo presto. Nel nostro cuore, il paradiso è la certezza che tu Eugenio sei ancora vivo, in una realtà più grande e luminosa, dove la tua anima splende con una bellezza eterna.
Questa nostra fede nella vita eterna non elimina il dolore della separazione, ma lo trasforma. Diventa un dolore intriso di speranza, un’attesa carica di significato. Sapere che un giorno ci abbracceremo senza barriere, che finalmente ti incontreremo e nulla potrà separarci, ci aiuta a camminare nel presente con più coraggio. È un invito a vivere con uno sguardo rivolto all’alto, sapendo che ogni passo sulla terra ci avvicina a quella dimora promessa, dove l’amore trionfa e ogni frammento di vita trova il suo compimento.
E tutta la sofferenza, il dolore e la tristezza non esisteranno più. Il tempo lascerà finalmente lo spazio alla nostra eternità insieme.
Mamma
Beata intraprendenza!
commento al vangelo di oggi, venerdì 17 gennaio 2025, di Mc 2,1-12
Entro nel testo (Mc 2,1-12)
Entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.
Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: “Figlio, ti sono perdonati i peccati”. Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: “Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?”. E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: “Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati, prendi la tua barella e cammina”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua”.
Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: “Non abbiamo mai visto nulla di simile!”.
Mi lascio ispirare
Il racconto che ci è stato proposto oggi è tra quelli più sorprendenti e dinamici. Sorprendono l’intraprendenza e la creatività delle quattro persone che trovano la soluzione assai “laterale” al problema di far arrivare il paralitico davanti a Gesù; sorprende anche, almeno i contemporanei del racconto, l’accostamento che Gesù fa tra perdono dei peccati e guarigione fisica.
L’intraprendenza. La suggestione riguarda il mio modo di attivarmi, di mettere in moto la creatività, di non subire passivamente le situazioni di blocco. La vicinanza con Gesù, l’incontro con Lui non solo non spengono e mortificano la creatività, l’elasticità, la capacità di immaginare soluzioni nuove ma, al contrario, le amplificano fornendo motivazioni ed energie nuove. È l’esatto contrario di quanto si pensa nell’immaginario comune del credente medio e di quanto pensa – forse – il credente medio di sé stesso. In una battuta, l’incontro vero con Gesù attiva e stimola e non spegne né mortifica.
L’accostamento tra perdono dei peccati e guarigione fisica. Gesù suggerisce una visione integrale (diremmo noi oggi “olistica”) della persona ribadendo e riproponendo una sapienza che è già presente nella Bibbia di Israele: corpo e spirito si tengono assieme, quando li separiamo si ammalano entrambi. Affermare questa verità dell’essere umano a parole è molto semplice, oggi può risultare anche banale, ma vivere quotidianamente questa realtà è un altro paio di maniche.
Àlzati. Il segno eloquente dell’opera integrante e unificante di Gesù è una postura del corpo e dello spirito insieme: lo stare in piedi, la posizione del risorto. Abbiamo un modo di dire molto bello, “tirati su!”, quando vogliamo incoraggiare una persona che sta giù di morale, psicologicamente o spiritualmente. In piedi, però, portiamo il nostro lettuccio: è il segno della nostra debolezza che non passa! La guarigione e il perdono non ci tolgono la fragilità e la debolezza della nostra umanità ma ci avviano sul sentiero della riconciliazione.
fonte © GET UP AND WALK
Preghiamo insieme
Aiutaci ad aiutare!
Aiutaci con un tuo piccolo contributo.
Ti ringraziamo per aver letto questo nostro articolo. Se vuoi restare aggiornato puoi iscriverti alla nostra newsletter (potrai cancellarti quando vorrai)