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Per me finisce qui! Come ritrovare la forza di lottare

Commento al Vangelo del 11 agosto 2024

Diciannovesima domenica del T.O. anno B

Perciò chi ha fame di questo pane,
deve sentir fame di giustizia:
ma della giustizia che discende dal cielo,
della giustizia che Iddio dà,
non di quella che l’uomo si fa da sé.

Sant’Agostino, Omelia 26,1

I deserti che scelgo

Ci sono deserti che la vita ci chiede di attraversare, ma ci sono anche deserti nei quali noi stessi decidiamo di inoltrarci. È il deserto come luogo delle nostre fughe, è il vuoto nel quale a volte vorremmo precipitare per non essere più trovati. Sono i deserti nei quali abbiamo deciso di perderci perché non riusciamo più a sostenere il peso della vita. Sì, perché la vita a volte può farsi pesante con le sue delusioni e le sue ingiustizie. La vita si fa pesante quando hai lottato per tanto tempo e ti sembra di non aver ottenuto nulla. La storia diventa insostenibile quando il male, la prevaricazione e l’ingiustizia continuano a farti sentire il loro fiato sul collo. E allora dici basta, lo gridi anche a Dio, e vorresti gettare la spugna.

Non è finita ancora

È proprio l’esperienza del profeta Elia, il quale ha combattuto con coraggio, ha provato a dire la verità, ha accettato di compromettersi, ha lottato con i poteri perversi e corrotti, ma gli sembra poi di trovarsi sempre allo stesso punto. Dopo il grande successo del confronto sul monte Carmelo, dopo aver sgozzato i profeti di Baal, Elia si ritrova nuovamente perseguitato dalla regina Gezabele. È come uno che ha corso una maratona e a cui viene chiesto di correre ancora quando credeva di essere arrivato al traguardo.

Vedo tutto nero

Quando ci sentiamo sconfitti, quando ci sembra di non avere più le forze per continuare a lottare, rischiamo di rileggere tutta la nostra storia alla luce di quel presente difficile. Tutto sembra un fallimento. Elia ha l’impressione di non aver fatto nulla di buono. Rilegge tutta la sua vita alla luce del momento di crisi che sta vivendo. Per questo motivo si inoltra nel deserto con il desiderio di non essere più trovato. Si sente solo e si isola ancora di più. Si sente abbandonato e vuole abbandonarsi al nulla. Nel deserto si siede sotto una ginestra per esprimere tutta la sua stanchezza, ma piano piano si corica per addormentarsi, ed è un sonno che ha il sapore della morte. Elia vive un momento di forte depressione, ma riesce a trasformare questo momento di scoraggiamento in una preghiera accorata a Dio, come l’ultimo sforzo per rivolgersi all’interlocutore di tutta una vita.

Dobbiamo mangiare

Proprio quando abbiamo deciso di perderci, Dio ci raggiunge. La presenza di Dio si traduce in una parola e in un gesto, non eclatanti, ma semplici e familiari, perché è ciò di cui abbiamo bisogno nei momenti della solitudine e della tristezza. Un angelo ordina a Elia di alzarsi e di mangiare. Per riprendere il cammino della vita abbiamo bisogno di nutrirci, senza pane non si va da nessuna parte. Molta gente è ferma sotto la sua ginestra, nei deserti della vita, proprio perché non si nutre o perché non trova qualcuno che le dia il cibo necessario.

Elia trova accanto a sé una focaccia e un po’ d’acqua: forse non è un caso perché questa immagine tocca la memoria affettiva di Elia. Tutto era iniziato andando a cercare l’acqua e il pane nel tempo della carestia. Dio si era rivelato nella sua vita permettendogli di trovare da mangiare proprio quando sembrava impossibile: come ti ho donato il pane nel tempo della carestia, così oggi torno a nutrire la tua vita affinché tu possa proseguire il cammino della tua vita. La focaccia è stata cotta, qualcuno si è preso cura di Elia. È proprio quello che desideriamo profondamente quando ci sentiamo soli e sconfortati: qualcuno che si prenda cura di noi.

Andare da qualche parte

Dopo aver mangiato, però, Elia si addormenta di nuovo, perché trovare la forza per riprendere il cammino quando sei sconfortato e deluso non è immediato. Dio deve tornare una seconda volta a incoraggiare il profeta. Tirarsi su nei momenti difficili della vita non è automatico, ma piano piano possiamo farcela.

Elia camminerà per quaranta giorni e quaranta notti attraverso il deserto, cioè per un tempo adeguato e necessario per arrivare alla sua meta, l’Oreb. Dio gli ha indicato un luogo verso cui camminare, gli ha dato una missione. È questo che ci aiuta a trasformare le nostre fughe in un pellegrinaggio. Sapere verso dove voglio andare è fondamentale per riprendere la strada.

Si stava meglio prima

Questo cammino di Elia nel deserto ci rimanda a un altro cammino, quello di Israele nel suo esodo. Anche Israele vive momenti di scoraggiamento e di paura, ma l’atteggiamento del popolo era stato quello della mormorazione. Israele si lamenta, rilegge il suo passato in un modo idealizzato, non si fida di Dio e teme di essere stato abbandonato. Anche questa è un’immagine di quello che può accaderci in alcuni momenti della vita.

Un dono gratuito

Anche con Israele il Signore era stato generoso e, per consentire al popolo di proseguire il cammino, gli aveva donato la manna. Anche in questo caso, il cibo ha le caratteristiche del dono, non è il frutto di un lavoro o di una caccia, ma è un cibo ricevuto gratuitamente. Ed è un cibo da prendere secondo le proprie esigenze quotidiane, senza preoccuparsi del domani, ma fidandosi di Dio. In fondo è un’immagine della vita stessa: un dono che riceviamo gratuitamente ogni giorno, un dono che non è una nostra proprietà, un dono che ci chiama a ringraziare e a lodare la fonte da cui viene il dono.

Quello che mi nutre

Ecco perché Giovanni inserisce in questo contesto le parole di Gesù sul pane. Si tratta di comprendere da dove viene la mia vita ogni giorno, si tratta di comprendere ciò che mi nutre e che mi permette di proseguire il cammino della vita, affrontando i momenti di scoraggiamento e di delusione. Si tratta di capire cosa nutre veramente il mio cuore.

Gesù dichiara esplicitamente che questo pane della vita è proprio e solo lui. Nutrirsi di questo pane significa coltivare e custodire la relazione con lui. Mi nutro di una persona quando la ascolto, quando passo del tempo insieme, quando lascio entrare dentro di me il suo amore. È proprio a partire dal suo corpo, dal pane eucaristico, che possiamo ogni volta nutrirci della relazione con Gesù. L’eucaristia è la vita di Gesù gratuitamente donata quotidianamente al credente affinché il credente possa vivere. Credere in Gesù vuol dire riconoscere che la relazione con lui mi fa vivere. Quando non mi nutro di questa relazione, mi ritrovo nel deserto, senza avere il pane necessario per proseguire il cammino.

Leggersi dentro

  • Come reagisco nei momenti di scoraggiamento?
  • Come mi nutro di Gesù?

Per gentile concessione © ♥ Padre Gaetano Piccolo SJ

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