Ma chi me l’ha fatto fare? La paura di aver sbagliato strada
Commento al Vangelo del 4 agosto 2024
Ti sei seduto alla mensa del tuo pastore: lì trovi [a te imbandita] la morte di colui che ti ha invitato
Sant’Agostino, Discorso 28/A, 4
Viandanti
Nella vita ci manca sempre qualcosa, ma il modo in cui viviamo questa mancanza e il modo in cui cerchiamo quello che ci manca fa la differenza. Siamo viandanti che ogni tanto sono costretti anche ad attraversare il deserto: sono i tempi della vita in cui il cammino diventa più faticoso. La paura di non farcela prende allora il sopravvento e improvvisamente rileggiamo tutto in una prospettiva negativa e senza speranza.
Il deserto
Il cammino di Israele nel deserto diventa emblematico di questo viaggio che ogni essere umano deve percorrere. Era un cammino di libertà che doveva passare inevitabilmente attraverso un’esperienza di perdita e di essenzialità. Nel deserto, Israele viene messo nella condizione di poter contare solo su Dio e di scoprire quale sia la vera fonte della sua vita. Così anche a noi può capitare di attraversare situazioni in cui non abbiamo più niente, siamo spogliati di tutto e ci sembra di non avere più sicurezze su cui appoggiarci. Proprio quello è forse il momento in cui possiamo riconoscere da dove viene la vita.
Lamento
Molte volte però, proprio come è accaduto per Israele, quello diventa purtroppo il momento del lamento: ci concentriamo su quello che manca e sulle nostre paure. Attraverso questa lente oscura rileggiamo tutta la nostra storia. Per accentuare la negatività del presente, tendiamo a idealizzare il passato, ma si tratta spesso di una rilettura distorta di una storia che in realtà non c’è mai stata: Israele esprime una nostalgia per un cibo misero che viene interpretato come qualcosa di succulento. In realtà Israele ha lasciato la schiavitù, lo sfruttamento e l’umiliazione. Non sempre il passato è quello che viene raccontato, ma è un meccanismo frequente: per denigrare il presente, si enfatizza un passato che non c’è mai stato!
Il lamento nasce molte volte anche dalla percezione di un’assenza di Dio. Ci sembra di camminare da soli, inermi davanti ai pericoli della vita. Per questo avremmo voglia di barattare le piccole sicurezze del passato, con la possibilità di trovare una terra promessa. Anche per noi è così: non si arriva nella terra promessa senza passare attraverso il deserto!
Cibo
Questa distorsione della realtà dipende molte volte dalla fame: la mancanza di cibo altera la nostra percezione della realtà. Ma il cibo è anche un simbolo di quello che sentiamo come un nutrimento necessario per noi. Alcuni si nutrono di lusinghe, altri sono alla ricerca spasmodica di affetto, altri hanno bisogno continuamente di sentirsi considerati. Per questo è importante chiedersi di cosa mi nutro, per comprendere se effettivamente è un modo sano di gestire la mia fame.
Forse attraverso questi interrogativi, scoprirò se ho compreso che l’unico cibo che veramente risponde alla mia fame più profonda è la relazione con Gesù.
Cercare
Nel Vangelo di Giovanni di questa domenica la gente si è messa alla ricerca di Gesù. Anche se le motivazioni non sono del tutto oneste, è comunque un punto di partenza. Questa ricerca andrà certamente purificata, ma almeno si sono messi in movimento. La domanda successiva che Gesù ci pone è infatti quella sul perché lo stiamo cercando. Si tratta di una domanda fondamentale per chi ha intrapreso un cammino spirituale. A un certo punto siamo messi davanti alle nostre motivazioni: cerco un Dio che risponda ai miei bisogni? Cerco un Dio che possa risolvere i miei problemi? Perché ho scelto di essere sacerdote? Perché sono entrato o entrata nella vita religiosa?
Molte volte infatti i nostri bisogni, spesso inconfessati e occultati, prevalgono sul desiderio di una relazione vera con il Signore. Forse anche noi stiamo cercando il pane, indipendentemente dal fatto che quel pane è la via per stare con Gesù. Il pane che ha sfamato le folle non doveva essere il fine, ma il mezzo per comprendere meglio chi è Gesù, era appunto un segno.
Dono
Il pane, il dono, quello che riempie la mia vita, mi porta a Dio solo se comprendo che il cibo non è una conquista. Il pane è un dono, lo si riceve. Il pane non è né una pretesa, né un furto. Solo chi si mette nella vita con questo atteggiamento di accoglienza, vede nel pane un segno della bontà di Dio. Anche Israele nel deserto non conquista il pane. Quando il pane non c’è, suscitando il lamento, Israele farà l’esperienza di ricevere la manna dal cielo. È un cibo che Israele non gestisce e non controlla, proprio perchè è un dono. A maggior ragione possiamo lasciarci abitare da Dio che per mezzo del Figlio viene in noi per darci la vita. Il pane vero, quello che nutre il nostro cuore, quello che risponde alla nostra fame più profonda, è Gesù, il dono per eccellenza, che noi siamo chiamati solo ad accogliere, lasciandoci nutrire come figli amati.
Leggersi dentro
- Come vivo i momenti in cui la vita mi fa attraversare il deserto?
- Sto cercando Gesù? E per quale motivo?
Per gentile concessione © ♥ Padre Gaetano Piccolo SJ
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