leggi e ascolta la favola “L’eredità”
Sommario
Leggiamo insieme
Nessuno dei tre figli avrebbe potuto dire, dopo la morte del padre, di aver ricevuto di più o di meno dell’altro. L’eredità non esisteva o meglio non erano beni concreti quelli che C. aveva lasciato.
Non se ne accorsero subito ma col tempo impararono a riconoscere, negli eventi che li avvicinavano o che spesso li allontanavano, una trama nascosta, intessuta di ricordi, parole spezzate, pensieri intimi e complicità. Dicono che il figlio più caro è spesso quello più fragile e indifeso, ma dei tre figli nessuno era più forte e più sicuro degli altri, il bene quindi era assolutamente uguale e la bilancia appariva in perfetto equilibrio.
Per ereditare i sentimenti non servono le parole ed anche senza di esse l’intenzione e la volontà erano manifeste. Al primo figlio erano stati affidati lo spirito di ricerca, l’amore per le cose piccole e grandi, il senso di giustizia ed equilibrio, la sete di conoscenza; il secondo aveva ricevuto in eredità il rifiuto delle apparenze, un senso di sottile misticismo, una sorta di misantropia contemplativa che lo portava ad allontanare e forse anche a fuggire a volte la realtà.
Il terzo figlio ebbe in eredità l’anima di un bambino capriccioso e ribelle, la mancanza assoluta di calcolo nelle scelte, un’attenzione esagerata per i particolari, la ricercatezza nel vestire, una fragilittà dal sapore tenero e infantile.
Questa eredità imponeva ai tre figli, ormai adulti, di percorrere strade diverse e spesso molto lontane l’una dall’altra. Ma allora dove cercare il filo di Arianna che avrebbe riportato alla luce il mistero che li univa, il prima e il dopo, il distacco e la riconciliazione? I pochi oggetti che il padre aveva lasciato potevano rispondere alle domande che affollavano i loro pensieri.
La penna stilografica avrebbe ricordato loro che il desiderio di annotare momenti e situazioni, sentimenti e desideri, confusi spesso nel vortice delle incomprensioni e dei conflitti, poteva diventare un’ancora di salvezza; la bussola per invitarli a cercare sempre un punto di riferimento, quando le persone anche quelle più vicine non possono dartelo; gli orologi di varie forme ma tutti con l’ingranaggio bloccato avrebbero potuto risvegliare nei loro cuori il rimpianto senza alimentare tuttavia nessun dolore e insofferenza per i tempi sbagliati.
E infine i quadri: enormi tele ad olio che avrebbero resistito al tempo più di ogni altro oggetto perchè i colori, se non esposti all’avidità del sole, possono restare eterni e immortali. Il padre aveva lasciato un’eredità speciale e il tempo che i tre fratelli avevano ancora davanti avrebbe dato loro finalmente ragione.
L’eredità li avrebbe riconciliati e insieme avrebbero capito che le strade che avevano percorso e quelle che avrebbero scelto conducevano tutte a uno stesso, identico traguardo. Le parole, i gesti, gli sguardi che il ricordo ridestava nel loro cuore apparivano tessere scomposte da riunire e consolidare in un cerchio di condivisione, appartenenza, complicità.
La memoria sarebbe diventata un guscio protettivo nel quale spegnere rancori, incomprensioni, la mancanza di un tempo ideale che chiedeva ancora di essere ascoltato e accolto in nome di una eredità davvero unica e speciale.
copyright © Educare.it – Anno XXI, N. 8, Agosto 2021
Scritto da Laura Alberico
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