Leggi e ascolta la favola de “la piccola formica operaia”

La favola di questa sera, ha una bella morale, ma per scoprirla dovete ascoltarla fino in fondo.

E’ un poco lunghetta, ma riserva delle sorprese.

Buona lettura

Tanti anni fa, ai margini di un bosco di conifere, viveva una colonia di piccole formiche. Avevano costruito lì il proprio nido, un bellissimo formicaio sotterraneo, composto da numerose camere, tutte di diversa grandezza.

Le camere erano collegate tra di loro da una specie di tunnel che attraversava tutto il formicaio, peraltro molto grande, dotato di diverse aperture da cui le formiche potevano entrare ed uscire.

Ogni formica aveva un proprio preciso compito.

C’erano le guardie, a cui spettava il controllo su chi entrava e usciva dal nido e la vigilanza su possibili attacchi da predatori esterni; c’erano le formiche reali, ossia quelle che avevano il compito di far nascere nuove colonie e c’erano le formiche operaie a cui erano affidati diversi compiti come la costruzione o riparazione del nido, la raccolta del cibo, l’allevamento dei piccoli, la sistemazione della dispensa e così via.

Tutto era molto organizzato, tanto che ogni formica sapeva sempre cosa e come farlo. Le giornate trascorrevano tranquille, scandite dalle diverse fasi di lavoro che erano state impostate dalle formiche regine.

Tra le formiche operaie ve ne era una, molto vivace, di nome Lucy, che da poco era stata investita del compito di raccogliere il cibo per l’inverno.
La mattina, subito dopo colazione, Lucy, assieme alle altre piccole formiche operaie che facevano parte della sua squadra di lavoro, si recava nel bosco e lì cercava e raccoglieva il cibo che avrebbero poi dovuto trasportare fino al nido.

Si trattava per lo più di semi e di foglie, di diversa grandezza e consistenza.
Il lavoro era molto pesante ma Lucy sapeva come renderlo “interessante”. Ed infatti cercava sempre di trovare il modo per farlo sembrare quasi un gioco.

E così, ad esempio, capitava che trasportare un seme finisse con il diventare il trasporto di un missile per la protezione del nido da un attacco di alieni su dischi volanti; oppure il raccogliere una foglia diventasse il fortunato ritrovamento di un tesoro nascosto nel bosco tanti anni prima da dei pirati che non erano più riusciti a tornare per riprenderlo.

Non sempre questo modo di pensare al lavoro era capito e accettato dalle compagne di Lucy che a volte la prendevano in giro dicendo che era ancora una bambina e che non capiva l’importanza del compito che era loro affidato.
In realtà Lucy sapeva bene che il lavoro che doveva fare era molto importante, è solo che cercava di renderlo più allegro, più sopportabile. Infatti vi erano delle giornate, soprattutto quando pioveva, in cui il lavoro era veramente pesante e a volte a Lucy sembrava di non farcela.

In questi momenti il pensare al lavoro come ad un gioco, aggiungendo un pizzico di fantasia alle azioni quotidiane, era diventato un modo come un altro per renderlo quasi più semplice.

I mesi passarono e Lucy si sentiva ogni giorno più distante dalle sue compagne, si sentiva quasi diversa, come se vivesse in un altro mondo, un mondo dove le altre formiche non volevano andare, nemmeno in visita.
Finì quindi con il pensare di essere sbagliata perché, in fondo, era l’unica formica che si comportava così, era l’unica formica che a volte faceva trasparire la fatica delle giornate trascorse.

Pensò quindi che la cosa giusta da fare fosse smettere di usare la fantasia per rendere le giornate più sopportabili e iniziare a comportarsi come le altre formiche.

Iniziò così un periodo molto difficile in cui Lucy lavorava incessantemente dalla mattina alla sera quasi a voler dimostrare di essere in grado di fare quello che facevano anche le altre anzi, di più.

I primi tempi furono molto pesanti ed infatti Lucy, la sera, stremata dalla stanchezza, non partecipava nemmeno più alle serate in compagnia che venivano quotidianamente organizzate nel formicaio.
Man mano che i giorni passarono Lucy iniziò ad abituarsi ai nuovi ritmi di lavoro e, anzi, ad un certo punto sembrò non sentire più la stanchezza e iniziò a fare ogni giorno qualche cosa in più.

Così al posto di lavorare le normali otto ore come tutte le formiche iniziò a lavorarne otto e mezzo, poi nove, poi nove e mezzo, fino ad arrivare alle dodici ore al giorno.

Le sue compagne provarono a farle capire che, forse, quello non era il modo giusto di prendere il lavoro, che forse stava esagerando, ma Lucy vide questo loro tentativo di aiuto come un’intromissione, quasi come una parola di invidia nei suoi confronti. In fondo erano state loro a spingerla a lavorare sempre di più dicendole che non era in grado di capire il vero valore del lavoro svolto.

La dispensa che era stata assegnata a Lucy per la raccolta dei semi era ormai piena ma a Lucy questo non bastava e continuava, nonostante tutto, a raccogliere altri semi e a portarli nella cella finché un giorno, dopo essere entrata dalla piccola fessura che era rimasta come apertura e aver posato il seme sulla cima di un grandissima fila di altri semi, sentì un insolito rumore.

Era come una vibrazione unita ad un suono che sembrava quello di un tuono. In pochi istanti Lucy si trovò sommersa da un’enorme quantità di semi e si rese conto che tutto il cibo che aveva raccolto e disposto uno sull’altro per farne entrare di più era crollato!

Spaventata e ferita per il peso dei semi da cui era stata travolta Lucy si guardò attorno e si rese conto che nella stanza non era rimasto libero nemmeno un piccolo spazio per potersi muovere.

I semi, cadendo, avevano creato quasi un muro attorno a lei e questo le impediva di uscire, anche perché, con una zampa ferita, non avrebbe potuto salire il muro per scendere dall’altra parte.

Fortunatamente il rumore dei semi caduti fu molto forte e venne sentito dalle guardie del formicaio che si affrettarono ad aiutare Lucy ad uscire dalla dispensa e a portarla in infermeria, dove trascorse diversi giorni avendo così anche il tempo per riflettere su quello che era accaduto.

E proprio pensando a tutto ciò capì di aver sbagliato. Si, perché quello che aveva fatto era stato rinunciare ad essere se stessa, ossia una formica allegra e piena di voglia di fare, per assecondare l’idea che gli altri avrebbero voluto avere di lei. E capì anche che, così facendo, aveva cercato la sicurezza di cui aveva bisogno in qualche cosa che non avrebbe mai potuto dargliela. La aveva infatti cercata nel tenersi continuamente occupata, nel fare sempre di più. E’ per questo che il lavoro era diventata la sua unica occupazione, come se il fermarsi fosse stato un segno di debolezza.

Lucy si rese anche conto di essere stata molto fortunata perché, in fin dei conti, aveva un’altra possibilità, quella di tornare ad essere se stessa, la vera Lucy, quella che lavorava si, ma che sapeva anche farlo divertendosi, quella per cui il fare era importante ma per la quale c’erano anche tante altre cose, il divertimento, gli amici e la spensieratezza.

Si rese conto di aver rinunciato ad essere se stessa per la paura del giudizio degli altri e si ripromise di non fare più lo stesso errore.


Morale

Nelle cose che facciamo ogni giorno è giusto cercare di dare sempre il massimo e fare del proprio meglio, ma è anche giusto riconoscere ed accettare i propri limiti, come è giusto essere sempre se stessi, senza voler essere delle persone diverse solo per assecondare gli altri o per paura del loro giudizio.
Se le altre formiche avessero capito che il comportamento di Lucy era il modo che essa aveva trovato per sostenere i pesanti ritmi del lavoro, allora, forse, le cose sarebbero andate diversamente.

Come forse sarebbero andate diversamente se Lucy avesse provato a spiegare loro quello che provava e la fatica che faceva nel lavorare senza fantasia.

Essere se stessi non significa deludere gli altri, significa invece dare la giusta importanza alla propria persona e avere cura di se, cosa che tutte le persone che ci vogliono bene vorrebbero da e per noi.

Buon ascolto

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La piccola formica operaia
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Ultimo aggiornamento il 21 Ottobre 2024 by Remigio Ruberto


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