XIV Domenica del Tempo Ordinario
- S. Antonino Fantosati vescovo e martire (1842-1900)
- B. María Romero Meneses suora F.M.A. (1902-1977)
Prima Lettura
Sono una genìa di ribelli, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro.
Dal libro del profeta Ezechièle
Ez 2,2-5
In quei giorni, uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava.
Mi disse: «Figlio dell’uomo, io ti mando ai figli d’Israele, a una razza di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Essi e i loro padri si sono sollevati contro di me fino ad oggi. Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: “Dice il Signore Dio”. Ascoltino o non ascoltino – dal momento che sono una genìa di ribelli –, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro».
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 122 (123)
R. I nostri occhi sono rivolti al Signore.
A te alzo i miei occhi,
a te che siedi nei cieli.
Ecco, come gli occhi dei servi
alla mano dei loro padroni. R.
Come gli occhi di una schiava
alla mano della sua padrona,
così i nostri occhi al Signore nostro Dio,
finché abbia pietà di noi. R.
Pietà di noi, Signore, pietà di noi,
siamo già troppo sazi di disprezzo,
troppo sazi noi siamo dello scherno dei gaudenti,
del disprezzo dei superbi. R.
Seconda Lettura
Mi vanterò delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo.
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
2 Cor 12,7-10
Fratelli, affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia.
A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza».
Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Lo Spirito del Signore è sopra di me:
mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio. (Cf. Lc 4,18)
Alleluia.
Il Vangelo del 7 luglio 2024
Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria.
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 6,1-6
In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.
Parola del Signore.
San Gregorio Magno (ca 540-604)
papa, dottore della Chiesa
Libro XI, SC 212 (trad. cb© evangelizo)
“Se trattiene le acque, vi è siccità, se le lascia andare, devastano la terra” (Gb 12,15)
“Se trattiene le acque, vi è siccità, se le lascia andare, devastano la terra” (Gb 12,15). Intendiamo per acqua la scienza della predicazione, come è scritto: “Un’acqua profonda è la parola che esce dalla bocca dell’uomo (saggio), un torrente prorompente, così è la sorgente della sapienza”; l’acqua è trattenuta, tutto si secca: sì, bloccate la scienza dei predicatori ed i cuori che potevano fiorire nella speranza dell’eternità sfioriscono subito, così che restano nella siccità della disperazione, si buttano nell’effimero, ignorano la speranza di ciò che vivrà. E se indichiamo con l’acqua la grazia dello Spirito Santo, come dice nel Vangelo la parola della Verità: “Chi crede in me, come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva”, e subito il Vangelo aggiunge: “Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui” (Gv 7,38-39), – questa interpretazione si accorda chiaramente con le parole di Giobbe: “Se trattiene le acque, vi è siccità”, poiché, se la grazia dello Spirito Santo è tolta dallo spirito di chi ascolta la Parola, subito sfiorisce l’intelligenza che si vedeva già fiorire di speranza quando era in ascolto. E non parlare di acqua, ma di acque, al plurale, è tornare alla grazia dei sette doni spirituali poiché tanti sono i doni che riempiono ciascuno di noi, tante sono le acque che si spargono nei nostri cuori.
PAROLE DEL SANTO PADRE
Ci domandiamo: come mai i compaesani di Gesù passano dalla meraviglia all’incredulità? Essi fanno un confronto tra l’umile origine di Gesù e le sue capacità attuali: è un falegname, non ha fatto studi, eppure predica meglio degli scribi e opera miracoli. E invece di aprirsi alla realtà, si scandalizzano. Secondo gli abitanti di Nazaret, Dio è troppo grande per abbassarsi a parlare attraverso un uomo così semplice! È lo scandalo dell’incarnazione: l’evento sconcertante di un Dio fatto carne, che pensa con mente d’uomo, lavora e agisce con mani d’uomo, ama con cuore d’uomo, un Dio che fatica, mangia e dorme come uno di noi. Il Figlio di Dio capovolge ogni schema umano: non sono i discepoli che hanno lavato i piedi al Signore, ma è il Signore che ha lavato i piedi ai discepoli (cfr Gv 13,1-20). Questo è un motivo di scandalo e di incredulità non solo in quell’epoca, in ogni epoca, anche oggi. (…) Anche ai nostri giorni infatti può accadere di nutrire pregiudizi che impediscono di cogliere la realtà. Ma il Signore ci invita ad assumere un atteggiamento di ascolto umile e di attesa docile, perché la grazia di Dio spesso si presenta a noi in modi sorprendenti, che non corrispondono alle nostre aspettative. (Angelus, 8 luglio 2018)
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