Leggi e ascolta il Vangelo e La Parola del 31 ottobre 2023
Sommario
Martedì della XXX settimana delle ferie del Tempo Ordinario
- S. Wolfgang (Volfango) di Rägensburg (D) vescovo (925-994)
- S. María de la Purísima de la Cruz vergine (1926-1998)
Prima Lettura
L’ardente aspettativa della creazione è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Rm 8,18-25
Fratelli, ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi.
L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.
Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Nella speranza infatti siamo stati salvati.
Ora, ciò che si spera, se è visto, non è più oggetto di speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe sperarlo? Ma, se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale
Sal 125 (126)
R. Grandi cose ha fatto il Signore per noi.
Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia. R.
Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia. R.
Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia. R.
Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni. R.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Ti rendo lode, Padre,
Signore del cielo e della terra,
perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno. (Cf. Mt 11,25)
Alleluia.
Il Vangelo del 31 ottobre 2023
Il granello crebbe e divenne un albero.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 13,18-21
In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami».
E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
Parola del Signore.
San Gregorio Magno (ca 540-604)
papa, dottore della Chiesa
Libro XIV, SC 212 (trad. cb© evangelizo)
La piccolezza di un seme e la speranza della risurrezione
Qualcuno, considerando che lo spirito si libera dalla carne, la carne imputridisce, diventa polvere fino a diventare invisibile nelle sue particelle agli occhi umani, dispera di poter risorgere; si vedono ossa disseccate: che quelle ossa si rivestano di carne e possano ritrovare la verde freschezza della vita, non si ha tale fede.
Ebbene, se non si possiede la fede nella risurrezione per obbedienza, almeno la si dovrebbe avere per la ragione. Chi imita infatti ogni giorno il mondo nei suoi elementi? Non è proprio la nostra risurrezione? (…) Consideriamo la piccolezza di un seme d’albero gettato in terra per produrre un albero e immaginiamo, se ne siamo capaci, dove era nascosto nella pochezza di quel seme l’albero immenso che ne è uscito, dove era il tronco, la corteccia, il fogliame, l’abbondanza dei frutti.
Si vedeva qualcosa di ciò nel seme gettato in terra? Eppure, secondo il piano segreto del responsabile del progetto che ordina meravigliosamente il divenire universale, nella delicatezza del seme era nascosta la durezza della corteccia, nella fragilità del seme era velata la forza della sua resistenza e nell’aridità l’abbondanza della sua fecondità.
C’è dunque da stupirsi che una polvere così tenue, che sfugge pure ai nostri occhi ridotta alle sue particelle, recuperi forma umana il giorno in cui lo vuole Colui che dai semi più piccoli fa sorgere alberi immensi?
Poiché noi siamo per costituzione stessa essere dotati di ragione la speranza della nostra risurrezione dovrebbe imporsi al nostro sguardo, alla nostra contemplazione stessa davanti al mondo esterno. Ma siccome si è annebbiato in noi il giudizio della ragione, per darci un esempio, ci è arrivata in più la grazia del Redentore.
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