Leggi e ascolta il Vangelo e La Parola del 29 febbraio 2024
Sommario
Giovedì della II settimana di Quaresima
Prima Lettura
Maledetto chi confida nell’uomo; benedetto chi confida nel Signore.
Dal libro del profeta Geremìa
Ger 17,5-8
Così dice il Signore:
«Maledetto l’uomo che confida nell’uomo,
e pone nella carne il suo sostegno,
allontanando il suo cuore dal Signore.
Sarà come un tamarisco nella steppa;
non vedrà venire il bene,
dimorerà in luoghi aridi nel deserto,
in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere.
Benedetto l’uomo che confida nel Signore
e il Signore è la sua fiducia.
È come un albero piantato lungo un corso d’acqua,
verso la corrente stende le radici;
non teme quando viene il caldo,
le sue foglie rimangono verdi,
nell’anno della siccità non si dà pena,
non smette di produrre frutti
Niente è più infido del cuore
e difficilmente guarisce!
Chi lo può conoscere?
Io, il Signore, scruto la mente
e saggio i cuori,
per dare a ciascuno secondo la sua condotta,
secondo il frutto delle sue azioni».».
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 1
R. Beato l’uomo che confida nel Signore.
Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,
non resta nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli arroganti,
ma nella legge del Signore trova la sua gioia,
la sua legge medita giorno e notte. R.
È come albero piantato lungo corsi d’acqua,
che dà frutto a suo tempo:
le sue foglie non appassiscono
e tutto quello che fa, riesce bene. R.
Non così, non così i malvagi,
ma come pula che il vento disperde;
poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti,
ma la via dei malvagi va in rovina. R.
Acclamazione al Vangelo
Lode e onore a te, Signore Gesù.
Beati coloro che custodiscono la parola di Dio
con cuore integro e buono
e producono frutto con perseveranza. (Cf. Lc 8,15)
Lode e onore a te, Signore Gesù.
Il Vangelo del 29 febbraio 2024
Nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 16,19-31
In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”.
E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
Parola del Signore.
San Charles de Foucauld (1858-1916)
eremita e missionario nel Sahara
§ 71, salmo 36 (trad. cb© evangelizo)
I semi di una gioia eterna
“Ancora un poco e il malvagio scompare: cercherai il suo posto e non lo troverai più. I buoni invece avranno in eredità la terra; e si diletteranno eternamente nella Pace (Sal 37 (36), 10-11 LXX).
(…) Tutto il salmo è lo sviluppo ammirabile di questo pensiero: ci sono pene sulla terra per i giusti, ma sono seme di un’eterna gioia: abbiano speranza e consolazione, ringrazino Dio e si guardino dall’invidiare i felici del mondo, quelli che attendono alla porta presto raggiunta dell’eternità di terribili tormenti! Povero Lazzaro, non invidiare il ricco che gioisce e mangia molto bene: beato sei tu!
(…) Non invidiamo gli uomini del mondo con le loro gioie e ricchezze… non sono loro i beati: beati sono coloro che hanno Dio per Signore, che non vivono per i piaceri, le scienze, le ricchezze, gli onori, l’amore, gli affetti umani, per nulla di quanto è sulla terra, ma vivono per Dio solo, non hanno sguardi che per lui, in loro Dio regna perfettamente, come un sovrano Signore che tutto governa in un regno pienamente sottomesso.
Ringraziamo Dio della nostra beatitudine, poiché ci ha amati di amore eterno e per questo ci ha attirati a sé nella sua misericordia. Amiamo persino le nostre pene, che sono segno della separazione dal mondo e offriamole a Dio, chiedendogli di fare di noi ciò che vorrà.
PAROLE DEL SANTO PADRE
Ignorare il povero è disprezzare Dio! Questo dobbiamo impararlo bene: ignorare il povero è disprezzare Dio. C’è un particolare nella parabola che va notato: il ricco non ha un nome, ma soltanto l’aggettivo: “il ricco”; mentre quello del povero è ripetuto cinque volte, e “Lazzaro” significa “Dio aiuta”.
Lazzaro, che giace davanti alla porta, è un richiamo vivente al ricco per ricordarsi di Dio, ma il ricco non accoglie tale richiamo. Sarà condannato pertanto non per le sue ricchezze, ma per essere stato incapace di sentire compassione per Lazzaro e di soccorrerlo. […]
Il ricco conosceva la Parola di Dio, ma non l’ha lasciata entrare nel cuore, non l’ha ascoltata, perciò è stato incapace di aprire gli occhi e di avere compassione del povero. Nessun messaggero e nessun messaggio potranno sostituire i poveri che incontriamo nel cammino, perché in essi ci viene incontro Gesù stesso: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40), dice Gesù.
Così nel rovesciamento delle sorti che la parabola descrive è nascosto il mistero della nostra salvezza, in cui Cristo unisce la povertà alla misericordia. (Angelus, 8 ottobre 2017)
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