Commento al Vangelo del 9 dicembre 2024

Oggi abbiamo visto cose prodigiose.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 5,17-26
 
Un giorno Gesù stava insegnando. Sedevano là anche dei farisei e maestri della Legge, venuti da ogni villaggio della Galilea e della Giudea, e da Gerusalemme. E la potenza del Signore gli faceva operare guarigioni.
Ed ecco, alcuni uomini, portando su un letto un uomo che era paralizzato, cercavano di farlo entrare e di metterlo davanti a lui. Non trovando da quale parte farlo entrare a causa della folla, salirono sul tetto e, attraverso le tegole, lo calarono con il lettuccio davanti a Gesù nel mezzo della stanza.
Vedendo la loro fede, disse: «Uomo, ti sono perdonati i tuoi peccati». Gli scribi e i farisei cominciarono a discutere, dicendo: «Chi è costui che dice bestemmie? Chi può perdonare i peccati, se non Dio soltanto?».
Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti, rispose: «Perché pensate così nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire “Ti sono perdonati i tuoi peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati, dico a te – disse al paralitico -: àlzati, prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua». Subito egli si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e andò a casa sua, glorificando Dio.
Tutti furono colti da stupore e davano gloria a Dio; pieni di timore dicevano: «Oggi abbiamo visto cose prodigiose».

Parola del Signore.

Rialzarsi

Roberto Pasolini

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Il miracolo di guarigione del vangelo e le promesse di felicità di Isaia costruiscono una tappa indispensabile nel cammino di Avvento. La preparazione di un cuore disposto e disponibile a camminare nella fede non può mai essere disgiunta da una profonda sete di vita, pronta a riconoscere con grande realismo ogni arsura di bene e di felicità in cui la nostra umanità può venire a trovarsi. Per suscitare e intercettare questo anelito a un incremento possibile di speranza, il profeta rivolge la sua voce non ai luoghi dove tutti ci sentiremmo in diritto di ipotizzare l’insorgere di una gioia rinnovata, ma precisamente alla «terra arida», al «deserto» e alla «steppa» (Is 35,1), immagini di quella sterilità che non di rado segna con insistenza i passi del nostro cammino. Agli occhi del profeta, però, queste latitudini esistenziali diventano il luogo ideale per imparare a credere che Dio sia capace di mettere vita proprio là dove non ce n’è più traccia, e di suscitare fecondità esattamente nel luogo e nel tempo dei frutti assenti:

«Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Come fiore di narciso fiorisca; sì, canti con gioia e con giubilo» (Is 35,1-2).

Se il profeta si prende il lusso di trasognare di fronte alla realtà, la sua voce riesce a rimanere anche molto aderente alla concretezza e alla storia, precisando il modo con cui il ritorno alla gioia sarà reso possibile dal Signore Dio. L’esilio dalla pace e dalla prosperità avrà presto termine non grazie a un divino e improvviso soccorso — quasi sempre da noi cercato e invocato come assistenzialismo — ma perché il Signore metterà nuovamente il popolo nella condizione di poter riprendere il suo cammino verso una libertà accessibile e condivisa con tutti. Là dove ora appaiono solo tenebre e nebbia, presto comparirà una via spalancata che ciascuno, con il suo passo, sarà in grado di percorrere:

«Ci sarà un sentiero e una strada e la chiameranno via santa; nessun impuro la percorrerà. Sarà una via che il suo popolo potrà percorrere e gli ignoranti non si smarriranno» (Is 35,8).

Le parole del Salmo sottolineano opportunamente questa sfumatura di amore liberante, con cui il Signore si preoccupa non di fare ma di offrire un cammino ai figli del suo popolo. Si dice, infatti, che «il Signore donerà il suo bene» (Sal 84,13) perché «i suoi passi tracceranno il cammino» (84,14).

Sembra proprio che il Signore Gesù sia profondamente desideroso di confermare le parole di Isaia, aprendo vie di felicità per coloro che lo incontrano e si lasciano conquistare dalla sua presenza e dalla sua Parola. Tuttavia, il vangelo mostra come questa strada nel deserto della vita vada cercata e, talvolta, persino creata, rimuovendo tutti quegli ostacoli che possono ostruirne la visibilità e l’accesso. Nessun miracolo di Gesù è preceduto da una preparazione così accurata come quello avvenuto per la solidarietà di alcune persone che, «portando su un letto un uomo che era paralizzato, cercavano di farlo entrare e di metterlo davanti a lui», ma

«non trovando da quale parte farlo entrare a causa della folla, salirono sul tetto e, attraverso le tegole, lo calarono con il lettuccio davanti a Gesù nel mezzo della stanza» (Lc 5,18-19).

Alcune strade si aprono solo così: non tanto quando restiamo in attesa che il Signore venga a visitare le nostre infermità, ma anche quando condividiamo e dilatiamo la speranza, accettando di dover compiere un passo insieme agli altri per accedere a una rinnovata esperienza della misericordia che Dio ha per tutti: «Alzati, prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua» (5,24). Il paralitico, che non si può muovere e che non ha bisogno di dire alcuna parola, testimonia silenziosamente che il Signore viene a irrigare la nostra terra e a offrirci cammini di conversione unicamente per liberarci da ogni forma di esilio e per restituirci a noi stessi: «e andò a casa sua, glorificando Dio» (5,25). Solo quando diventiamo capaci di stare sulle nostre gambe e di camminare con il nostro passo, entriamo a far parte di quei «redenti» che possono vivere felici, senza alcun rimpianto:

«gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto» (Is 35,10).

fonte © nellaparola.it

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Padre Gaetano Piccolo SJ

Padre Gaetano Piccolo SJ

Mi piace fare domande, ma non ho la pretesa di ricevere risposte.
È un gusto, una curiosità, che comincia da me stesso.
La filosofia è il luogo privilegiato dove ho esercitato quest’arte della domanda.
Gesuita, professore ordinario di filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana.
Il mio blog: https://cajetanusparvus.com


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