la Parola del Signore

Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.

Dal Vangelo secondo Marco
Mc 16,15-18

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro:
«Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato.
Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».

Parola del Signore.

Proseguire

Roberto Pasolini

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Solitamente la Chiesa è solita commemorare il giorno della nascita al cielo come momento di preghiera e di intercessione, in cui il Corpo di Cristo rinnova e approfondisce la sua fede nella Pasqua e nel dono dello Spirito Santo, attraverso l’intercessione di un santo. Di Giovanni Battista – l’amico dello sposo – e della Vergine Maria – la madre del Verbo – ricordiamo invece il giorno della nascita al mondo, per sottolineare come anche la preparazione della via del Signore sia importante perché la sua venuta non sia in alcun modo né improvvisata né indesiderata. Per quanto riguarda il grande fariseo diventato apostolo delle genti, la tradizione propone invece di celebrare addirittura l’evento della sua conversione, perché questa memoria sia un pungolo per la vita di ogni credente e di ogni comunità a riflettere sulla necessità di convertire il cuore a Dio.

L’autocoscienza con cui Paolo si presenta nel libro degli Atti non può che indurci a rivedere gli stereotipi con cui siamo soliti confrontarci, ogni volta che cerchiamo di mettere mano al nostro itinerario di conversione a Dio per intensificare o raddrizzare il cammino della nostra fede. Il modo con cui Paolo ha provato a osservare fedelmente la Legge di Dio nella prima parte della sua vita è documentato, nella sua stessa memoria, con grande lucidità:

«Io perseguitai a morte questa Via, incatenando e mettendo in carcere uomini e donne, come può darmi testimonianza anche il sommo sacerdote e tutto il collegio degli anziani» (At 22,4-5).

Il luogo in cui il Signore fa scendere «dal cielo» (22,6) la folgore della sua luce e la potenza della sua parola è proprio questa parte dell’umanità di Paolo così intrisa di devozione e così intransigente da diventare persino diritto di annullare il cammino di chi appare diverso o avverso alle proprie convinzioni. Questa è proprio la circostanza in cui Paolo viene raggiunto dall’invito a conversione da parte del Signore, proprio mentre si sta recando a Damasco «per condurre prigionieri a Gerusalemme anche quelli che stanno là, perché fossero puniti» (22,5). Per poter salvare il fariseo dai suoi radicati convincimenti, il Signore non ha altra strada se non quella di far brillare davanti ai suoi occhi il mistero e le conseguenze dell’Incarnazione:

«Io sono Gesù il Nazareno, che tu perseguiti» (At 22,8).

La chiesa non dovrebbe mai dimenticare il mistero di grazia che celebra in questa memoria liturgica: non tanto il passaggio dall’incredulità alla fede, ma la radicale rinuncia a ogni forma di sopraffazione dell’altro in nome della fede, costante tentazione che attraversa il cuore credente quando è chiamato a misurarsi con qualcosa o qualcuno fortemente estraneo alla propria sensibilità religiosa. Naturalmente questa mitezza è il corollario del vero fulcro della conversione vissuta da Paolo, cioè il passaggio non tanto dai peccati a una vita moralmente irreprensibile, quanto quello da un volto di Dio esigente e intransigente a uno compatibile con la logica inclusiva del vangelo.

Un particolare nel racconto degli Atti ci autorizza a cogliere anche una certa continuità nel processo di conversione a cui la provvidenza di Dio conduce l’apostolo delle genti. Alzandosi da terra, Paolo non riceve l’ordine di fare un’inversione, ma di continuare – e approfondire – il suo cammino credente:

«Alzati e prosegui verso Damasco; là ti verrà detto tutto quello che è stabilito che tu faccia» (At 22,10).

Proseguire – senza indugiare nei sensi di colpa – è l’invito che il Risorto rivolge agli Undici apostoli, ancora traumatizzati dallo scandalo della passione, eppure raggiunti e rilanciati da uno guardo di speranza:

«Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15).

Convertirsi alle conseguenze della Pasqua di Cristo non significa cambiare il costume o i costumi della propria vita, ma avventurarsi in un tempo di maturazione nel quale ogni paura – di vivere e di morire – ha bisogno di consumarsi lentamente nel fuoco dell’amore di Cristo, perché i «segni» della sua vita in noi si possano manifestare:

«nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno» (Mc 16,17-18).

fonte © nellaparola.it

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Per gentile concessione © ♥ Padre Gaetano Piccolo SJ


Eugenio

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