Commento al Vangelo del 12 gennaio 2025

vetrata di chiesa, Battesimo di Gesù, Giovanni Battista

Mentre Gesù, ricevuto il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 3,15-16.21-22
 
In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».
Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Parola del Signore.

Eredi

Roberto Pasolini

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La festa del Battesimo del Signore Gesù chiude il tempo del Natale, custodendone la grazia peculiare da qualsiasi forma di fraintendimento o di riduzionismo. L’Incarnazione del Verbo nella nostra umanità non è solo la manifestazione di una mirabile accondiscendenza e di una commovente tenerezza divina, ma è anche la discesa dal cielo di un «fuoco» (Lc 3,16) che vuole temprare – e incrementare – la vitalità dei nostri percorsi umani e lo slancio della nostra libertà. Del resto, solo due Vangeli (Matteo e Luca) documentano la cosiddetta «infanzia» di Gesù, mentre per gli altri due la Buona Notizia prende avvio già con l’immersione di Cristo nelle acque del Giordano, dove la fedeltà di Dio può finalmente incontrarsi con l’invincibile debolezza dell’uomo e con il drammatico tentativo di corrispondere al dono dell’alleanza.
Il Battista appare in tutti i vangeli come un profeta appassionato e convincente. La sua vita e la sua predicazione rivelano una qualità umana altissima, una tensione meravigliosa alla giustizia, una magnetica libertà interiore. Dai racconti evangelici, possiamo immaginarlo come un tipo capace di parlare alle folle con verità, di fare breccia nel cuore con una predicazione schietta e toccante:

«Il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo» (Lc 3,15).

Eppure, la grandezza di Giovanni non consiste nell’essere «più forte» di altri che lo hanno preceduto nel ministero profetico, ma di essere una persona così consapevole del proprio bisogno di salvezza da saper indicare con chiarezza la sicura venuta del Signore:

«Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco» (Lc 3,16).

La possibilità di immergerci nella potenza d’amore di Dio inaugurata dal Natale del Signore non è solo l’aggiunta di un’energia che ci manca per realizzare la nostra vita con le sue innumerevoli sfide, ma è soprattutto l’incontro con un volto capace di rivelare il valore e il significato del nostro stesso volto. Le parole che il Padre pronuncia nel momento in cui Cristo si lascia scivolare nelle acque, insieme a tutto il popolo, ci assicurano quale sia anche il valore della nostra umanità ai suoi occhi:

«Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento» (Lc 3,22).

Il Battesimo dell’uomo-Gesù non è altro che la conferma del Natale del bambino-Gesù il quale, mettendosi in fila con noi e con il nostro bisogno di essere guardati e salvati, ci rivela quanto il fuoco della vita divina sia disposto a giocarsi con la terra della nostra umana realtà, dal momento che Dio, nel suo desiderio di comunione con noi, è pronto a scendere e a inginocchiarsi per raggiungerci là dove i sentieri tortuosi della vita – persino i nostri peccati – ci hanno condotto.
Nel battesimo di Gesù si manifesta il sogno di Isaia, il visionario profeta capace di gridare consolazione al cuore di Gerusalemme, evocando l’immagine di un «pastore» felice di portare con sé «sul petto» tutte le sue creature «dolcemente» (Is 40,11), attraverso la «potenza» (40,11) dell’amore. L’apostolo Paolo descrive questa premura virile da parte di Dio come la manifestazione di un inarrestabile torrente di grazia, in grado di rigenerare l’intera vita umana:

«Quando apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo» (Tt 3,4-5).

Alla fine del tempo di Natale, possiamo domandarci serenamente quanto il mistero di comunione che Dio ha inteso stabilire con noi sia nuovamente penetrato nel nostro cuore e abbia ricominciato a plasmare il nostro modo di vivere, fino a renderci uomini e donne pieni di «speranza, eredi della vita eterna» (3,7).

fonte © nellaparola.it

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