Immediatamente la lebbra scomparve da lui.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 5,12-16
Un giorno, mentre Gesù si trovava in una città, ecco, un uomo coperto di lebbra lo vide e gli si gettò dinanzi, pregandolo: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi».
Gesù tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio, sii purificato!». E immediatamente la lebbra scomparve da lui. Gli ordinò di non dirlo a nessuno: «Va’ invece a mostrarti al sacerdote e fa’ l’offerta per la tua purificazione, come Mosè ha prescritto, a testimonianza per loro».
Di lui si parlava sempre di più, e folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro malattie. Ma egli si ritira- va in luoghi deserti a pregare.
Parola del Signore.
Accogliere… il tormento
MichaelDavide Semeraro
Il Signore Gesù, nel suo mistero di “umanazione” in cui radica ogni nostro processo di autentica umanizzazione, ha assunto il tormento del doversi continuamente barcamenare tra un desiderio di intimità orante con il Padre e la necessità di farsi sacramento della sua presenza accanto e dentro la storia dell’umanità. Ha un sapore del tutto particolare sentire il Signore Gesù che dice:
«Lo voglio!» (Lc 5,13).
Con questa parola così preziosa e così bella siamo introdotti nel mistero della volontà di Dio che, normalmente, noi intendiamo come qualcosa che da Dio viene verso di noi, e che quasi ci sovrasta e, talora, ci opprime. In realtà, sembra invece non essere altro che la riposta di Dio alla domanda dall’uomo:
«Signore, se vuoi, puoi purificarmi» (Lc 5,12).
Noi tutti – ciascuno di noi – portiamo nel nostro essere i segni di una lebbra che consuma la nostra vita, facendoci sentire già un pochino morti. Per questo ognuno di noi è invitato ad aprirsi al grande mistero: «Dio ci ha donato la vita eterna e questa vita è nel suo Figlio» (1Gv 5,11). Lo stesso apostolo, da parte sua, chiarisce e sottolinea: «Chi ha il Figlio, ha la vita» (5,12).
Aprire i nostri occhi e il nostro cuore sul mistero del Verbo Incarnato dovrebbe essere per noi un continuo stupore davanti allo stesso mistero della vita e alle sue potenzialità. Non di rado abbiamo l’impressione che la morte abbia la meglio e, invece, noi portiamo nel cuore – nel più profondo del nostro cuore e nell’essenza stessa del nostro essere – un seme di vittoria sul male e sulla morte nelle sue diverse forme:
«chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?» (1Gv 5,5).
Questo credere in Gesù e riconoscerlo come Figlio di Dio non è semplicemente una questione di “credo” ma è una questione di vita. Si tratta di riconoscere, nei tratti e nella logica del mistero pasquale, il segreto della vita e la possibilità di guarire da tutte le nostre «malattie» (Lc 5,15). Ogni volta che facciamo esperienza di qualcosa che blocca la nostra vita e che ci rende infermi, dobbiamo essere pronti a combattere contro l’idea che Dio voglia la nostra infermità per volgerci a lui «pregandolo: “Signore, se vuoi, puoi purificarmi”» (Lc 5,12).
È importante formulare questa preghiera per evitare di pensare che Dio voglia la nostra sofferenza, Lui che vuole – in realtà e sempre – la nostra gioia! Certo, la preghiera non è esaudita solo quando ottiene ciò che chiede, ma pure quando, in una relazione sempre più profonda, si apre – proprio attraverso la preghiera – a nuovi orizzonti di comprensione e di accettazione, fino a quei momenti sconosciuti e persino temuti. Accogliere la volontà di Dio nella nostra vita e nella nostra storia passa sempre attraverso il coraggio di esprimere, fino in fondo, il nostro desiderio: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice» (Lc 22, 42). Non è forse questo il vero modo per essere in grado di berne l’amarezza fino in fondo, ma non da soli?!
fonte © nellaparola.it
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Per gentile concessione © ♥ Padre Gaetano Piccolo SJ
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