Non è stato facile, non è facile.
Ma dobbiamo testimoniare l’amore di Dio vivendo la vita terrena che ci ha donato fino in fondo, respirando tutta l’aria possibile, così come ha fatto Eugenio fino alla fine dei suoi giorni qui giù.
Dopo 13 mesi riprendo possesso del mio ufficio, dove c’è ancora una parte della mia vita.
Una azienda costruita nel lontano 1990, a Foggia, Poi trasferita qui a Dragoni (CE).
Sempre attiva, negli alti e nei bassi.
Lo ammetto: prima suonava un’altra musica, più allegra più gioiosa, perché sapevo che i miei due figli erano su a casa a giocare, a prendersi a cuscinate, a rintuzzarsi nelle battute fanciullesche. Adesso c’è Francesca in videolezione, in semi lockdown; forse più comoda sulla poltrona di casa sua, ma senza il contatto fisico con le sue amiche e amici di classe, senza l’abbraccio caloroso delle maestre e senza l’aria comunque familiare della scuola.
Stamattina Francesca si è alzata quasi insieme con me, alle 7, e abbiamo ascoltato la santa Messa su TV2000 insieme, abbracciandoci teneramente alla recita del Padre Nostro.
Si è svegliata di soprassalto perché aveva fatto un brutto sogno: aveva sognato che stavano con Eugenio in cameretta, e lui le faceva del male.
Io l’ho consolata dicendole che forse Eugenio le stava dicendo che non gioca più con lui come faceva un tempo, non gli dedica tanta attenzione, non gli parla così tanto come lui vorrebbe.
Lei, capendo, ha annuito, riconoscendo le sue mancanze. Farà meglio.
Tutte le mattina salutiamo Eugenio nel suo lettino, come se fosse ancora nel suo lettino, e poi ricordandogli di lavare i denti ed ascoltare le parole sante di San Pietro, giocare e correre spensierato fra le nubi.
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